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"Non siamo fascisti". Così i no pass si "prendono" Trieste

Manifestazione pacifica di grande portata a Trieste, dove 15mila persone sono scese in piazza contro il Green pass. Cori contro Grillo

"Non siamo fascisti". Così i no pass si "prendono" Trieste

È iniziato il conto alla rovescia verso il 15 ottobre, il giorno X per i lavoratori: chi avrà il Green pass sarà dentro, chi ne sarà sprovvisto verrà sospeso. A Trieste sono scesi in piazza in più di 10 mila a manifestare contro l'obbligo, tanti quanti se ne sono presentati a Roma ma in una città che conta "solo" 200mila persone. Un numero enorme per proporzioni, che è destinato a crescere e a salire nelle prossime ore e giorni. Da settimane, ogni sabato, le piazze si fanno più numerose anche qui in Friuli-Venezia Giulia e non solo a Roma o a Milano: Trieste viene spesso utilizzata come bandiera ed esempio dai manifestanti di tutta Italia per sostenere la lotta contro il Green pass. Una lotta pacifica, ci tengono a sottolineare, che non vuole lo scontro con le forze dell'ordine.

Al grido di "vogliamo salute e libertà", i lavoratori di ogni settore hanno sfilato per le strade di Trieste nel giorno dello sciopero nazionale proclamato dalle sigle sindacali di base. Il capoluogo giuliano è una delle roccaforti italiane dei no Green pass, come dimostra il movimento 3V che alle ultime elezioni amministrative ha conquistato quasi il 5% superando il M5s. Qui la protesta è forte, vibrante, e attraversa tutti gli ambienti. A Trieste si è generato uno zoccolo duro di irriducibili, che rifiutano fermamente il Green pass. "Noi siamo tutti uniti e andremo avanti", dicono a chi li ferma per capire meglio le ragioni di queste proteste. I manifestanti di Trieste lo vogliono sottolineare e lo dicono ad alta voce: "Noi non siamo fascisti". Rifiutano qualunque etichetta e in effetti basta dare uno sguardo al corteo per capire che la composizione è davvero eterogenea: ci sono persone di destra e di sinistra, ci sono lavoratori e persone di ogni estrazione sociale, di ogni età, che sfilano e scandiscono gli slogan.

"Vogliamo essere liberi, non vogliamo una società dove ognuno è poliziotto dell'altro", si sente gridare al megafono, con un sottofondo di fischietti e di tamburelli che tengono il ritmo del corteo che di tanto in tanto si ferma per ricompattarsi. Grande dissenso per Beppe Grillo, definito "pagliaccio" dai manifestanti, che si merita da parte loro un "vaffanculo particolare" perché "aveva promesso che avrebbe cambiato la politica in questo Paese. Invece è stato il peggior esempio di trasformismo". "Grillo, Grillo vaffanculo", hanno urlano migliaia di persone all'unisono per i viali della città.

Ci sono poi le fotografie di Mario Draghi modificate con le sembianze del Führer e il leitmotiv della manifestazione, ripetuto ciclicamente a intervalli frequenti è sempre e solo uno: "No Green pass". Nel mirino dei manifestanti anche la stampa e i media, colpevoli a loro dire di non fare un'informazione completa. Tutti puntano alla mobilitazione del 15 ottobre, quando chi non avrà il Green pass non potrà più lavorare e, quindi, ricevere uno stipendio.

Alla fine del corteo di Trieste ci sono i portuali, anima di questa città, compatti e uniti contro l'obbligo di certificazione per l'ingresso al lavoro. "Se anche uno solo di noi resterà fuori non entrerà nessuno", hanno dichiarato al termine di un'assemblea che si è tenuta a fine settembre.

La loro decisione sembra essere irremovibile: se non verrà sospesa l'applicazione del Green pass bloccheranno il porto, il che significa bloccare i commerci nell'Adriatico e, di conseguenza, arrecare un grave danno all'economia. "La gente come noi non molla mai", hanno cantato avanzando attraverso Trieste, paralizzata dal loro passaggio.

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