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Pellegrini d'oro nei 200 stile: trionfo di Detti e Paltrinieri terzo

Pellegrini d'oro nei 200 stile: trionfo di Detti e Paltrinieri terzo

La scena terrena più bella da vedere è una dea che dice le parolacce. Nell'olimpo della Duna Arena lei, Fede, dopo aver vinto nel modo più sorprendente del mondo, ha detto anche la verità più schietta del mondo: «Mi sono fatta un culo così e questo oro lo dedico a me stessa». Culo, fatica, lavoro. Dietro al cronometro, dentro una vasca, nascosta sotto tonnellate di acqua, alla fine è questa l'essenza. È questo che conta. Un messaggio schietto come la gente delle terre venete da cui arriva lei. Spaccarsi il culo, ammazzarsi di fatica, impegnarsi per risorgere, lavorare per emergere e risalire e ricostruire. L'oro nei 200 stile di Federica e la sorpresa e lo stupore suo e del mondo nel vederla conquistarlo raccontano questo: che nell'ultra vita dello sport, come nella vita di noi comuni mortali, non si va da nessuna parte se non si è in grado di lottare per la vetta e di ritornarci dopo la caduta e magari saper anche accontentarsi per restare a metà altezza sperando, chissà, un giorno, di tornare lassù. Senza però crucciarsi e senza deprimersi se ciò non avviene. Fede stavolta si sarebbe accontentata di metalli meno preziosi. Perché era sull'olimpo, ma dalla cima era precipitata. E ci è tornata, anche se le sarebbe bastato molto meno.

Ecco perché l'oro di ieri, il terzo iridato nei suoi 200, emoziona più di tutti i successi passati; ed ecco perché la cruda semplicità del suo stupore la rende tanto umana quanto veramente Divina. Perché lei, che si è fatta un culo, ci ha finalmente parlato con una sincerità e umiltà mai viste. «Tutte le altre volte ero così presa da ogni dettaglio che il momento prezioso dopo la vittoria mi scappava via subito, non riuscivo ad afferrarlo, ad assaporarlo. Adesso no. Adesso me lo voglio godere attimo per attimo» ha detto. Schiettezza, sì, e semplicità, persino umiltà e una dea umile, suvvia, è quasi una contraddizione in termini. Come quando ha detto «neanche sapevo di aver vinto» o «mi sarebbe bastata una medaglia di bronzo» o «a volte fila tutto liscio e neppure sai il perché, però io so che, chiusa in ritiro sui monti spagnoli, l'ultimo mese ho trovato la serenità che mi mancava».

La serenità dopo il culo. Meravigliosa e divina, Fede. L'atleta italiana più grande di sempre, così l'ha definita il presidente del Coni Giovanni Malagò, ha tanto dentro di sé. Della forza si sa tutto, delle dolci e istintive contraddizioni meno. Come gli sguardi durissimi seguiti da lacrime tenerissime. Come l'annuncio di ritiro subito dopo il tonfo di Rio e l'annuncio, poi, che non era vero niente. Come ieri, quando ha reso pallido il presidente del Coni comunicando a tutti che questo sarebbe stato il suo ultimo duecento stile «perché avevo deciso da tempo che, in caso di medaglia, avrei lasciato la mia gara più amata dall'alto del podio e alto più di così non si può...» e, poi, ha aggiunto che nuoterà fino a Tokyo, distanze più brevi e alle prossime Olimpiadi, perché no, i 200 «se dovessi sentirmi bene...». Sì, meravigliosa e divina anche nelle contraddizioni. Ma si è fatta un culo così e ci ha regalato un oro così.

Può dire tutto.

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