Cronache

Perché "godiamo" dei guai altrui

Perché "godiamo" dei guai altrui

In terza media avevo un'insegnante di italiano che mi sconsigliò le materie umanistiche, perché ero troppo contorto nei temi. Io le dissi che un giorno sarei diventato un importante scrittore, e ho sempre aspettato quel giorno in cui gliel'avrei dimostrato, sbattendole sotto il muso tutte le mie opere. Purtroppo, essendo già una vecchia megera all'epoca, nel frattempo è morta. Non che mi dispiaccia che sia morta, mi dispiace non averla potuta far pentire prima che morisse. Un desiderio analogo lo vediamo nel film Re per una notte, di Martin Scorsese, dove Rupert Pupkin, un comico fallito, immagina di essere famoso e di poter sbeffeggiare di persona il preside del liceo che a suo tempo lo derideva. È la soddisfazione che proviamo nell'umiliazione di qualcuno che se lo merita, ma anche, più in generale, il piacere che proviamo per le disgrazie altrui, tanto più se ripristinano un senso di giustizia.

Tiffany Watt Smith, storica culturale inglese, ha appena pubblicato un interessante saggio, intitolato Schadenfreude (Utet), proprio sul piacere che proviamo nel vedere le disgrazie altrui. Curioso che la parola esatta di questo sentimento sia tedesca, ossia del popolo che dopo aver prodotto il nazismo è diventato anche la nazione economica più forte dell'Unione Europea. Schaden significa danno, e Freude piacere.

Gli esempi di Schadenfreude sono innumerevoli e oggi ancora più visibili grazie ai social. Ma in passato molti pensatori avevano riflettuto sul fenomeno. Nel 1640 Thomas Hobbes si chiedeva «da che passione deriva il fatto che gli uomini traggano piacere dal contemplare dalla riva il pericolo di coloro che sono in mare durante la tempesta?». Per Friedrich Nietzsche «veder soffrire fa bene», e recenti studi hanno provato che un tifoso prova più piacere nel veder sbagliare un rigore della squadra avversaria che segnare la propria. Un detto giapponese dice che «la sfortuna degli altri è dolce come il miele».

Gli esempi della Watt Smith sono innumerevoli, dal pastore americano che sosteneva che le alluvioni fossero la punizione divina contro i gay, e poi in seguito a un'alluvione proprio a lui si allaga la casa e deve fuggire in canoa. «Pochi godono delle miserie degli altri per il gusto di farlo» scrive l'autrice. «Più spesso lo fanno perché sono convinti che quelle persone lo abbiano meritato o che la punizione possa essere utile in qualche modo». Tipo i salutisti, che io davvero non sopporto. Non si dovrebbe provare piacere nel vedere un salutista ammalarsi, però rompono talmente le scatole che è inevitabile provarlo. In epoca vittoriana era un salutista sfegatato il fisico William Gull, vegetariano e bevitore d'acqua che tormentava il mondo con arringhe moralistiche, un po' come oggi i vegani. Quando nel 1887 si ammalò gravemente perfino i giornali non riuscirono a trattenere una malcelata felicità. A dire il vero anche io quando incontro un vegano salutista non manco mai di citargli la fine di Steve Jobs, e Steve Jobs è un mio mito, però odio più i salutisti.

C'è un senso di giustizia, insomma, in questo piacere. Non per altro i video più cliccati su Youtube sono i cosiddetti «video fail», sbruffoni a cui va male qualcosa in cui volevano esibirsi. È il famoso: ben ti sta. È anche il successo di trasmissioni come Paperissima. Oppure vedere bocciato un giovane cantante in un talent, godere della sua espressione delusa. Tra i video più cliccati sul web c'è quello di un padre troppo sdolcinato che riceve un calcio nei testicoli dalla figlia piccola: ben 256 milioni di visualizzazioni.

Non si salvano certo i bambini, con buona pace di Jean-Jacques Rousseau, anzi i bambini provano ancora più degli adulti emozioni piacevoli per le disgrazie altrui, lo aveva capito già Sigmund Freud: «Un bambino ride per senso di superiorità e Schadenfreude: tu sei caduto e io no». È inoltre scientificamente provato che ridere del dolore altrui può alleviare il nostro, anche a prescindere dal fatto che la persona se lo meriti o meno. Più in generale «se non possiamo assistere alla disfatta dei nostri nemici e vederli ricoperti di vergogna una volta realizzata la portata dei loro errori, allora siamo costretti a immaginarla». Io per esempio, per rilassarmi, e provare della sana Schadenfreude, chiudo gli occhi e immagino di vedere Luigi Di Maio tornare a vendere bibite in uno stadio.

Che sommo piacere.

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