Proteste da ogni parte sulla logica affermazione del fondatore dell'Ucoii, Hamza Roberto Piccardo: «Se è solo una questione di diritti civili, ebbene la poligamia è un diritto civile». Analizziamo questa lapalissiana affermazione: perché si è legiferato sulle unioni gay, altrimenti dette «coppie di fatto»? Perché erano, letteralmente, «di fatto». E non è «di fatto» l'adulterio? Non è una consuetudine consolidata che una donna o un uomo abbiano più amanti? Se questo regime dura (come è stato per esempio per alcuni illustri giornalisti come Indro Montanelli, Enzo Bettiza e Eugenio Scalfari, con maggiore o minore evidenza, e in altri innumerevoli casi) per anni e anni, talvolta decenni, non si può negare che si tratti di un regime coniugale plurimo, «di fatto». La dichiarazione di Piccardo è stata interpretata in chiave maschilista e perfino gratuitamente provocatoria da parte di molti. In realtà, correttamente e paradossalmente, Piccardo risponde, manifestando una consonanza con Salvini, da Salvini stesso non raccolta: «I musulmani non sono d'accordo neppure sulle unioni omosessuali (come i leghisti, ndr), e tuttavia non possono che accettare un ordinamento che le ha consentite. Non si capisce perché una relazione tra adulti edotti e consenzienti possa essere vietata. Di più, stigmatizzata. Di più, aborrita». Piccardo sa benissimo che non è vietata, anzi è largamente praticata, senza punizioni e sanzioni; ma non è legalizzata. Perché? Dall'altra parte i politicamente corretti non si risparmiano. La somala Maryam Ismail, membro del Comitato per il dialogo con le comunità islamiche, sbarella: «Queste parole sono una tragedia. Con la paura che si sta diffondendo verso l'islam, questo signore offre una immagine della nostra religione retrograda e ideologica». Vuol forse negare la Ismail che, nel mondo e nella religione musulmana sia contemplata la poligamia esclusivamente per l'uomo, cui è consentito avere 4 mogli? Nessuno può, almeno nell'ambito religioso e nella consuetudine familiare, impedire a un musulmano di vivere con 4 mogli, in coerenza con le leggi del suo Paese di origine. E perché un italiano non dovrebbe avere lo stesso diritto, di fatto, magari avendo, di fatto, una moglie e tre amanti? Perché questo, dicono la Serracchiani e Majorino, è contro «l'emancipazione della donna» e presuppone «la cancellazione della parità fra uomo e donna». Si tratta di un falso problema. Basta introdurre la poligamia reciproca e universale. Piccardo non ha specificato «quale» poligamia. Ha semplicemente preso atto delle unioni gay e ha, coerentemente e civilmente, proposto la poligamia come legalizzazione di situazioni di fatto (quanti matrimoni non sono «soccorsi» dall'adulterio per generoso e altruistico contributo degli amanti che, quando sono disinteressati, non pretendono separazioni e divorzi?). In questa condizione di perfetto equilibrio, variamente collaudata, cosa c'entra la minaccia della cancellazione della parità? Perché la poligamia, in Occidente praticata da ambo i sessi, senza limitazioni e ostacoli di fatto, senza penalità, multe e ritorsioni, dev'essere solo dell'uomo? Perché una donna non può avere 4 mariti? Poligamia vuol dire etimologicamente molti legami. E in regime di parità conclamato, nel pieno rispetto della Costituzione e delle leggi vigenti, poligamo può essere l'uomo come la donna. Quante donne, di fatto, non hanno avuto almeno 4 amanti? E spesso contemporaneamente? E se si tratta di unioni di fatto, perché non legalizzarle? Occorre semplicemente integrare la proposta di Piccardo: «La poligamia è un diritto civile di uomini e donne». Una poligamia in versione occidentale e democratica, basata sulla perfetta uguaglianza tra uomo e donna. La poligamia si articola in poliginia (più donne con un uomo) e poliandria (più uomini con una donna). La seconda, peraltro, vige in Tibet e fra i Toda, nell'India meridionale. Come la Cassazione, la Treccani sentenzia: «Forma di matrimonio per la quale un uomo o una donna possono avere più consorti contemporaneamente». Proviamo allora a immaginare cosa ne derivi. Io, anche nel solo ambito musulmano, che prevede il prioritario mantenimento, da parte dell'uomo, di 4 donne, con le stesse garanzie (ed è soltanto per risparmiare che molti musulmani ne sposano una soltanto), avevo ipotizzato un emendamento: che, avendo l'opportunità di lavorare, e più facilmente in Occidente, fossero le 4 donne a mantenere l'uomo. Si può invece andare oltre. Come un uomo può sposare 4 donne, una donna può sposare 4 uomini. L'ho proposta oggi in Meridione, a Padula, a un gruppo di ragazze entusiaste. Questa concezione aperta rispecchia la realtà di rapporti sempre più plurimi, e stabilisce una meravigliosa catena umana. Ognuna delle 4 mogli può infatti avere altri 3 mariti. Una moltiplicazione esponenziale, perché ognuno dei 4 mariti può avere altre 3 donne. In questo mondo perfetto in cui sono aboliti il tradimento e l'adulterio, tutto ciò che accade, in quanto unione di fatto, è legale. Se si aggiunge che, all'interno di queste unioni, non vige l'obbligo della fedeltà, tutto è possibile e ogni situazione è aperta. In merito mi chiedo, davanti a questa liberalizzazione, se due omosessuali o due lesbiche si tradiscono con altri uomini e altre donne, i fondamenti delle unioni gay certamente reggono. Ma se per caso un omosessuale maschio, entro una coppia, volesse tradire il coniuge con una donna, o una lesbica con un uomo, di fronte a quale fattispecie saremmo? Dovremmo, concludendo, in ordine ai diritti civili, introdurre nella poligamia anche la variante bisessuale. Per cui una donna può sposare due uomini e due donne, che a loro volta possono sposare due uomini e due donne. O anche tre e uno. O anche tre e una. O uno e tre. Con tutte le variabili garantite da innumerevoli situazioni di fatto. Sarà un problema, dopo avere accolto la proposta di Piccardo, affrontare la questione della poligamia bulimica o seriale, ovvero: uno a dodici o una a sedici.
Ma per intanto, con buona pace di Serracchiani, Majorino, Ismail e anche Salvini, diamo il via, di fatto, a una poligamia reciproca, costituzionale e democratica. Senza indugio. Dove se ne vanno altrimenti i diritti civili?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.