Le promesse dei politici e quelle dei preti

Le promesse dei politici e quelle dei preti

«Le promesse elettorali sono immorali» ha detto il cardinal Bassetti, presidente della Cei. Faceva prima a dire che sono immorali le elezioni. Non siamo nell'Inghilterra del 1940 e chi si azzardasse oggi a fare un discorso come quello celeberrimo e ora anche cinematografico di Churchill («Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore») non prenderebbe nemmeno i voti di «W la fisica», per citare la lista più pazza delle pazze liste che aspirano a partecipare alle elezioni del 4 marzo. La politica è l'arte del promettere. Questa definizione non l'ha mai usata nessuno? Da un rapido giro su internet sembrerebbe di no, e allora la uso e me la intesto io, convintamente. Visto che ho iniziato parlando di storia, continuo: il severo giudizio di Bassetti getta nell'inferno dell'immoralità tutta la storia recente, in particolare quella della Prima Repubblica, quando la demagogia elettorale ha prodotto il debito pubblico che oggi tanto ci affligge. Non credo ci sia bisogno di ricordare al cardinale che quei governi tragicamente spendaccioni erano quasi sempre guidati dalla Democrazia cristiana, allora sostenuta in modo compatto dalle gerarchie ecclesiastiche. Forse l'Inps non sarebbe messo com'è messo, se i predecessori di Bassetti avessero tuonato contro l'abitudine davvero oscena di scaricare i debiti delle generazioni presenti sulle generazioni future. Paradossalmente è più morale il politico che fa promesse insostenibili e poi non le mantiene rispetto al politico che realizza il suo programma spensierato. Se negli anni Settanta le baby-pensioni fossero rimaste una sparata da comizio oggi non si parlerebbe di pensione a 70 anni: e invece nel 1973 il democristianissimo Rumor consentì a statali trentenni (ripeto: trentenni) di maturare i requisiti previdenziali e dunque di pesare spesso per oltre mezzo secolo sui poveri contribuenti. Compresi quei giovani che in pensione rischiano di non andarci mai, o un mese prima di passare a miglior vita.

Le promesse che Bassetti ha definito immorali sono in particolare quelle che «già si sa di non riuscire a mantenere». Io ho subito pensato a quelle situazioni di peccato che l'odierno clero lassista tranquillamente assolve e a volte perfino benedice, come stanno per fare i vescovi tedeschi con le unioni omosessuali: simili preti sono davvero sicuri che la loro promessa di vita eterna verrà mantenuta dall'esigente Dio biblico? Nel giorno del giudizio non vorrei essere nei loro panni.

Così come non vorrei essere nei panni di Bassetti che nel suo discorso ha detto che i politici della prossima legislatura dovranno «creare lavoro, combattere la precarietà, per lavorare meglio, lavorare tutti». Dunque spingendo i candidati a promettere agli elettori di saper compiere miracoli.

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