C'è tutta l'ufficialità della presidenza del Consiglio, ma senza il presidente del Consiglio. Un po' come ne Il grande Gatsby - che non partecipava quasi mai alle sue feste, limitandosi a vigilare sul fatto che tutto fosse impeccabile - Mario Draghi sceglie infatti di non presenziare alla conferenza stampa che illustra il suo primo Dpcm. C'è la cornice di Palazzo Chigi, con il suo cortile che ospita trenta giornalisti, i ministri Roberto Speranza e Mariastella Gelmini, i professori Silvio Brusaferro (Iss) e Franco Locatelli (Css). Ma manca il premier, da sempre scettico verso quella che definisce un'eccessiva «propensione comunicativa dei partiti». Non solo non c'è, ma è anche fisicamente distante, impegnato a Palazzo Borromeo - nel tradizionale ricevimento per l'anniversario dei Patti lateranensi - in un bilaterale con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano.
La strategia comunicativa di Draghi, insomma, per ora non cambia. Nonostante il tema sia stato oggetto di confronto anche con i nuovi vertici di Palazzo Chigi. Il timore che un eccessivo silenzio possa alla lunga risultare dannoso, infatti, esiste. Lo confidano molti ministri, alcuni dei quali già reiteratamente catechizzati alla riservatezza. Non è un caso che ieri, a differenza del passato, la bozza finale del Dpcm non sia filtrata fino al comunicato stampa ufficiale del governo, qualche minuto prima delle 19. Nonostante le perplessità di molti esponenti della maggioranza, dunque, Draghi è rimasto fedele al suo approccio. E ha preferito non mettere la faccia sul suo primo Dpcm. Giocando con gli acronimi, un Dpcm senza Pcm. Una scelta voluta. Non certo per prendere le distanze dal provvedimento, quanto per preservare il suo stile concreto e un curriculum che lo ha sempre visto lontano da una comunicazione da propaganda e dalle beghe da talk show. Non è dato sapere se sulle valutazioni di Draghi pesi il precedente di Giuseppe Conte, di casa con le dirette Facebook e le conferenze stampa in assolo in prime time. Di certo, come hanno fatto notare al premier alcuni degli uomini a lui più vicini, la finanza è cosa lontana dalla politica e la Bce è un altro pianeta rispetto a Palazzo Chigi. Insomma, tra la bulimia mediatica (di Conte) e il silenzio assoluto (di Draghi) sarebbe forse auspicabile una via di mezzo.
Ragionamenti che nelle ultime 72 ore sembra abbiano iniziato a fare breccia. Tanto che sulla scrivania del premier pare ci siano già alcune proposte per un evento nel quale «parlare alla nazione». In un luogo simbolo, come potrebbe essere un ospedale o un'azienda che produce dispositivi medici, per esempio nel distretto biomedicale di Mirandola (in provincia di Modena). La consapevolezza, insomma, che in un momento così delicato - con il Paese che rischia di andare incontro a nuove e più stringenti chiusure - un approccio estremamente discreto e silenzioso rischia di essere percepito come un'assenza. O come un vuoto. E i vuoti, non solo in fisica ma anche in politica, sono fatti per essere riempiti.
Dalla comunicazione dei partiti e dei loro leader, che non sembrano affatto intenzionati a uniformarsi al nuovo corso. L'idea, insomma, sarebbe quella di un cambio di marcia. Ipotesi confermata anche dalla portavoce del premier, Paola Ansuini: «Stiamo studiando un'agenda e presto ci saranno novità su questo punto».
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