La Santa Sede nella bufera: il corvo parla e torna a casa Non ci sono nuovi indagati

Il presunto "corvo" cambia linea difensiva ed esce dal riserbo. Il portavoce del Papa: "Nessuna donna né prelati coinvolti. Attenti alle polpette avvelenate"

La Santa Sede nella bufera: il corvo parla e torna a casa Non ci sono nuovi indagati

Roma - Il «corvo» potrebbe presto uscire di gabbia. E tornare al nido domestico. I legali di Paolo Gabriele, l’aiutante di camera di Benedetto XVI arrestato mercoledì scorso con l’accusa di aver trafugato documenti riservati dagli appartamenti papali, hanno annunciato che faranno richiesta dei domiciliari per il loro assistito, che per il momento rimane l’unico punto fermo dell’inchiesta. Pardon, delle inchieste, come tiene a precisare padre Federico Lombardi, responsabile della Sala stampa vaticana. Già, perché padre Lombardi sostiene che non c’è relazione tra le dimissioni del presidente dello Ior, Enrico Gotti Tedeschi, e l’arresto dell’assistente di camera del pontefice.
L’isolamento di quest’ultimo è durato cinque giorni. Ieri ha finalmente incontrato la moglie Manuela e i suoi due legali, Carlo Fusco e Cristiana Arru. Per sapere qualcosa sull’incontro, però, è sempre a padre Lombardi che ci si deve rivolgere. È infatti un comunicato stampa vaticano a raccontare l’incontro e soprattutto a fare da megafono per le dichiarazioni dei legali di Gabriele. «Il nostro assistito - si legge nel comunicato firmato dall’avvocato Carlo Fusco - ha dichiarato al giudice che offrirà la più ampia collaborazione. Ciò avverrà quanto prima, dopo che avremo studiamo le vicende dell’indagine». Insomma «Paoletto» parlerà e «collaborerà con gli inquirenti per appurare la verità».
L’avvocato ha poi smentito le notizie trapelate sui giornali riguardanti la famiglia di Gabriele. La moglie non avrebbe mai lasciato l’appartamento di via di Porta Angelica, così come non avrebbe rilasciato interviste. Restano agli atti, però, quelle tapparelle abbassate e il silenzio del citofono. Segno indistinguibile di un’assenza o di una presenza muta. D’altronde il legale di Gabriele cura con meticolosa precisione ogni aspetto dell’immagine del suo assistito. E non solo per zelo professionale, visto che con «Paoletto» condivide un ventennale rapporto d’amicizia.
Che ieri sia stata la giornata delle smentite lo dimostra poi il resto delle dichiarazioni di padre Lombardi. «Non ci sono corvi, tantomeno cardinali coinvolti» sentenzia il responsabile della Sala stampa vaticana. E tutte le ricostruzioni apparse sui giornali in questi giorni sono - a dir poco - «fantasiose». Insomma l’indagine penale riguarda al momento soltanto il maggiordomo di papa Ratzinger ed è sui suoi movimenti e sugli ipotetici moventi che sta lavorando il giudice unico Piero Antonio Bonnet in stretta collaborazione con la Gendarmeria. Ovviamente non sono esclusi sviluppi, spiega padre Lombardi, ma nemmeno è possibile al momento costruire ipotesi di complotto. Dal prelato arriva anche un consiglio di natura professionale: attenti alle polpette avvelenate. In altre parole: attenti ai falsi scoop messi in giro artatamente per colpire e screditare. «È un desiderio comprensibile - spiega Lombardi - quello di alimentare i servizi sulla vicenda con notizie clamorose, ma occorre verificare attentamente gli elementi oggettivi». E solo quelli. Peccato che gli «elementi oggettivi» passino solo (e col contagocce) dalla sala stampa che si affaccia su via della Conciliazione.
Lombardi chiede precisione e correttezza.

Al di qua del Tevere, però, si invoca soprattutto trasparenza. Dal teologo Hans Kung a Gianluigi Nuzzi (autore del libro inchiesta costruito con i documenti trafugati) sono in tanti a chiedere trasparenza e modernità nella gestione di questa situazione inedita quanto delicata.

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