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Le Sardine spina nel fianco della sinistra

Le Sardine spina nel fianco della sinistra

Le «sardine» sognano il mare profondo. Non basta Bologna e neppure Rimini. Non ci sono solo le elezioni in Emilia-Romagna. Ora si sentono qualcosa di più di una piazza da contare, buona per dare una speranza a Pd e Cinque stelle. Zingaretti e Di Maio non credono più a un progetto comune, ognuno andrà al voto per conto suo e allora le «sardine» li sorpassano, gli girano intorno e vanno via, con l'idea di essere loro l'idea del futuro, rifiutando l'etichetta di partito, ma costrette a riconoscersi con un'identità al negativo: noi non sappiamo ancora dirvi cosa siamo, ma di certo siamo contro Salvini. È questa la scia, inseguire il leader della Lega ovunque metta la faccia: a Torino, dove si faranno chiamare «acciughe», a Bari, a Genova, a Firenze, a Palermo, a Milano il primo dicembre, a Salerno dove si battezzano come «fravaglie».

La scommessa, insomma, è mostrarsi come un movimento nazionale. È, dicono, la rivolta dei trentenni. Non è che le «sardine» vengono dalla luna o dal lontano e leggendario Mar dei Sargassi. Sono di sinistra: volontariato, cooperative, riviste di marca prodiana come Energia, ambientalismo. Mattia Santori, volto tv del movimento, è istruttore sportivo polifunzionale, insegna atletica ai bambini, il frisbee agli universitari e il basket con i disabili. Ha una laurea magistrale in Economia e Diritto e non sopporta la politica da bar. Non a caso scelgono come simbolo un pesce, che non grida come gli urlatori del web e dei comizi, ma che sta in branco. Questo ultimo aspetto ti dice che non c'è spazio per i salmoni. Massa è potere. L'individuo che nuota controcorrente un'anomalia. Come dice Achille Occhetto, padre della svolta post Muro, che il partito ha da anni relegato in soffitta, le sardine sono la prova che «la cittadinanza attiva esiste». È il ritorno della «società civile» che si oppone alla marmaglia dei social network. Questa è la partenza, ma adesso bisogna vedere come questa storia andrà a finire.

Le «sardine» sembrano i figli dello strano incrocio da cui è nato il Conte bis. È come se la maggioranza parlamentare, nata per spiazzare il Salvini sfasciatutto del Papeete e rinviare lo spettro delle elezioni, avesse partorito in modo accidentale un nuovo movimento. Qualcosa di inatteso e non previsto. Ora tutti si affannano a coccolarlo. È un risveglio in vista del voto di gennaio. Non è detto che servirà a tenere lontano la destra dall'Emilia-Romagna. Per Zingaretti è un sospiro di ottimismo dopo mesi di cielo grigio. Il Pd non li vede al momento come un'insidia. Quanti caroselli sono sorti e svaniti a sinistra? Le «sardine» faranno la stessa fine. I grillini le vedono come concorrenti. C'è già chi vede in loro una sorta di Cinque stelle due punto zero. Non hanno una piattaforma. Non hanno Beppe Grillo. Non hanno però neppure fallito, non fosse altro perché sono ancora molto lontani da responsabilità amministrative o di governo. Non hanno la Raggi o un Toninelli. È chiaro, d'altra parte, che le «sardine» riportano a sinistra un po' del popolo dei delusi e degli insoddisfatti. C'è una differenza. Le «sardine» non sono anti politica, ma politica. Questo finirà per creare problemi anche al Pd. È uno scontro di potere generazionale. Se il Pd offre troppo spazio ai trentenni rischia di avere un problema in casa. Non è che lo sanno, ma sperano di usare le «sardine», lasciandole poi a essiccare al sole. Il rischio più grosso per le «sardine» è finire sotto i vecchi santuari della sinistra, con la benedizione fatale dei soliti riveriti maestri.

La loro missione è scacciare la «Bestia», ma dovrebbero chiedersi se un'altra «Bestia» non sia già dentro di loro.

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