Schettino: "Sono sereno" La difesa: "Non è codardo, non ha abbandonato la nave"

I pm ascoltano gli ufficiali di macchina, che per primi videro lo squarcio nella Concordia. Un giovane ufficiale: "Il comandante sulla scialuppa solo poco prima che la nave affondasse"

L'ex comandante Schettino parla con l'avvocato Massimiliano Gabrielli
L'ex comandante Schettino parla con l'avvocato Massimiliano Gabrielli

Continua il processo sul naufragio della Costa Concordia, arenatasi il 13 gennaio 2012 al largo dell'isola del Giglio. Oggi è il giorno degli ufficiali di macchina, gli uomini che nei ponti inferiori della nave videro lo squarcio che causò l'affondamento della nave.

"Sono sereno", ha detto l'allora comandante Francesco Schettino ai giornalisti prima di affrontare l'udienza al Teatro Moderno di Grosseto. ''Il processo sta dimostrando che non è un codardo e non ha abbandonato la nave'', ha detto uno dei suoi avvocati, Donato Laino, "È chiaro che tutti dovevano andare via, chiunque, chiunque".

Primo teste esaminato oggi dai pm il terzo ufficiale di macchina Hugo Di Piazza, che al momento del naufragio era nella "pancia" della nave. "Ispezionavo il ponte inferiore, zona cambusa, sentii un forte boato. E subito arrivò un’ondata", ha raccontato ai pm, "In breve ebbi il mare alle ginocchia. Tornai indietro, verso poppa, salii ai ponti superiori da una scala a pioli, mi salvai. Andai in centrale macchine, c’era tanta paura". Appena udito il boato, Di Piazza tentò di raggiungere un telefono per avvisare la centrale macchine ma "un getto di una decina di metri mi travolse di spalle, dalla parte sinistra". "Tornai indietro e chiusi una porta stagna, ma l’acqua filtrava anche da qui", ha aggiunto, "Allora andai a una sfuggita, una scala a pioli che porta al ponte superiore ma la porta d’accesso era bloccata, forse per le deformazioni causate dall’urto alla nave. Ho aperto altre porte e c’era acqua che zampillava. Mi sono diretto a poppavia, ho raggiunto un’altra sfuggita, presi l’uscita che portava al ponte superiore dove sono riuscito a salire di sopra, quindi raggiunsi la sala macchine".

In quei momenti sarebbe poi arrivata la telefonata di Schettino. "Ma dove abbiamo toccato?, domandò il comandante alle 22.09 parlando via telefono col direttore della centrale macchine Giuseppe Pillon. "Ma comandante, qui è tutto perso, i generatori 4, 5, 6 non ce li abbiamo, e anche l’1, 2 e 3. E il quadro elettrico principale pieno d’acqua. C’è uno squarcio laterale, evidentemente, ma non l’ho visto", rispose Pillon.

Ieri invece è stata la vota di Stefano Iannelli, giovane allievo ufficiale di coperta secondo cui Schettino saltò sul tetto di una scialuppa e poi approdò sugli scogli del Giglio la sera del 13 gennaio 2012. Lo stesso Iannelli saltò sul tetto di quella lancia. Subito dopo la Concordia si coricò sul fianco di dritta e sommerse il ponte da cui erano andati via. "Lo sbandamento della nave era diventato pericoloso, perciò saltammo su una lancia dove ci trovai il comandante Schettino, che ci era saltato poco prima di me. Poco dopo i ponti 4 e 3 furono sommersi", ha raccontato l'allievo ufficiale. Proprio sui ponti 3 e 4 sono state recuperate alcune delle 32 vittime.

''Quando ce ne andammo non vedevamo più passeggeri vicino a noi'', ha detto però Iannelli ricordando la catena umana formata per non scivolare e portare via la gente, "Durante il tragitto verso la riva del Giglio, recuperammo persone in acqua, Schettino rimase su uno scoglio a guardare la nave".

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