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Se è vietato parlare (male) pure del boia Mengele

Se è vietato parlare (male) pure del boia Mengele

Ci risiamo. Tutte le lezioni sulla libertà di parola; tutte le prediche sulla necessità di ascoltare «l'altro», soprattutto se dice cose su cui non siamo d'accordo; tutte le raccomandazioni sui pericoli della censura e del pensiero unico, alla fine servono a nulla. È da due giorni che sui social si trascina l'ultimo esempio di controllo preventivo, neppure delle idee (che si possono o non si possono diffondere), ma degli argomenti che si possono o non si possono toccare. Il caso: sabato il Foglio ha pubblicato una paginata di Giulio Meotti su una nuova biografia del medico nazista Josef Mengele in uscita negli Usa dal titolo Unmasking the Angel of Death, firmata non da un neonazista negazionista, ma da David Maxwell, ex direttore del Museo del patrimonio ebraico di New York (e che diede la caccia al famigerato «Angelo della morte» di Auschwitz). Ora, la titolazione del pezzo - in effetti - è al limite: «Professor Mengele. Non solo un assassino: i grandi scienziati del tempo facevano a gara per lavorare al suo fianco», e riprende, a volte letteralmente, una recensione del libro uscita sul Wall Street Journal (fatto che semmai dovrebbe elevare il tutto al di sopra di ogni ambiguità). Ma l'articolo di Meotti rimane molto interessante, dando conto di una biografia che «rilegge» (si chiama revisionismo storiografico, basato su nuovi documenti o diverse interpretazioni delle informazioni esistenti) la figura di Mengele, la quale molto ha ancora da dirci sull'humus in cui fiorì il nazionalsocialismo. Eppure, tanto è bastato. Haters, politici e noti intellettuali hanno attaccato pesantemente l'articolo del Foglio (senza leggerlo nella maggioranza dei casi) accusando l'autore, la testata e il direttore Claudio Cerasa di voler riabilitare - niente meno! - il medico nazista (figuriamoci, il Foglio e Meotti sono la prima fila della battaglia contro l'antisemitismo...). Di fatto l'articolo (ripetiamo: titolato in maniera infelice) racconta che Mengele studiò con due Nobel e i più grandi genetisti del tempo, che non era «uno scienziato pazzo» spuntato dal nulla ma un medico, figlio della «migliore» accademia tedesca, il quale usò la scienza in modo criminale e aberrante. L'articolo non riabilita e non fa sconti al boia Mengele. Ma niente. Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, twitta che «Il Foglio ha sbagliato. Mengele era un assassino e nient'altro. Scusarsi è la cosa migliore da fare». La sindaca Virginia Raggi grida: «Vergogna!», e taciamo degli altri... Si chiama #shitstorm. È intervenuto anche Giuliano Ferrara, a difesa del suo giornale («Meotti ha scritto che Mengele non era diabolico per suo conto ma la perfetta incarnazione di uno scientismo eugenetico che trovava nell'inferno di Auschwitz il laboratorio delle sue idee progressiste»), tagliando alla sua maniera la testa agli #idiots digitali: «Chi parla di riabilitazione è un cretino ignorante». Ma non basta. Il Foglio ormai è filo nazista, e Meotti peggio di Pansa... Niente da fare.

Di certe cose, anche se male, non si può parlare.

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