Cronache

Silvio Muccino a processo per diffamazione nei confronti del fratello Gabriele

La querelle famigliare è giunta all'ultimo atto. L'attore aveva accusato il fratello, Gabriele Muccino, di essere un uomo violento davanti a milioni di telespettatori. Nel 2020 ci sarà il processo

Silvio Muccino a processo per diffamazione nei confronti del fratello Gabriele

Il gup del tribunale di Roma oggi ha rimandato a giudizio l’attore Silvio Muccino per diffamazione nei confronti del fratello Gabriele. L’episodio risalirebbe al 3 aprile 2016, quando durante la puntata de “L’Arena” di Massimo Giletti, Muccino junior accusò il regista, non presente in trasmissione, di essere un uomo violento e di aver più volte picchiato la ex moglie, Elena Majoni.

Nello specifico, l’attore raccontò di un episodio avvenuto nella casa di campagna di Gabriele Muccino: “Lui era nervoso e andò in camera da Elena. Quando mi avvicinai alla porta la vidi uscire con una mano sull’orecchio e le lacrime agli occhi. Non sentiva più niente. Uno schiaffo le aveva perforato un timpano e ha dovuto subire una plastica per riacquisirlo in parte”. Questo avvenimento avrebbe condizionato la carriera della ex moglie che è una violinista.

Davanti ai giudici, Silvio Muccino ha sempre detto che si fosse trattato di un incidente domestico, avvenuto in piscina, preferendo la famiglia alla verità sostanziale dei fatti. Aveva solo 24 anni e si era fatto condizionare. Ma il peso che portava sulla coscienza lo ha logorato per anni, fino all’allontanamento definitivo dal fratello Gabriele e alla “denuncia” in trasmissione. Così la querelle famigliare è finita in Tribunale, per quello che, molto probabilmente, sarà l’ultimo atto.

L’inizio del processo a Silvio Muccino, davanti al giudice monocratico della Capitale, sarebbe stato fissato per gennaio 2020.

È un primo passo verso l'accertamento della verità a fronte di quanto era stato diffuso davanti a milioni di telespettatori nei confronti del mio assistito”, ha dichiarato soddisfatto il legale di Gabriele Muccino, Carlo Longari.

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