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La strategia leghista della moderazione

La strategia leghista della moderazione

Sarà anche stato un lapsus quello della presidente del Senato Elisabetta Casellati. Ma ben più strano di sentire Matteo Salvini che viene chiamato «senatore Casini» è vedere appunto Salvini che si comporta proprio come Casini. Certo, non siamo alla metamorfosi del leader della Lega in un democristiano di vecchia scuola. Anche perché, per quanto la politica sia ormai fluida, una trasformazione del genere non sarebbe forse possibile neanche in laboratorio. Ma non c'è dubbio che l'ex vicepremier abbia scelto di cambiare decisamente registro rispetto ai toni e ai modi degli ultimi giorni. Un approccio ben più morbido, lontano anni luce dall'intervento in Senato dello scorso 20 agosto, quando parlando da ministro dell'Interno duellò con il «suo» premier Giuseppe Conte senza esclusione di colpi.

Il palcoscenico è lo stesso e anche il bersaglio dei suoi affondi. Perché è soprattutto con «Conte-Monti» che se la prende il leader della Lega. Il fare, però, è più pacato. Gli affondi decisi ma misurati e privi degli eccessi di un comizio di piazza. A differenza di venti giorni fa, insomma, il senatore Salvini sembra cogliere il senso dei luoghi, che in politica anche ai tempi delle dirette social continuano ad avere un peso. D'altra parte, è stato proprio il Parlamento a sbarrargli la via alle elezioni anticipate, a dimostrazione che una cosa è aprire la crisi e chiedere le urne in un comizio, altra è realizzare i propri desiderata. I luoghi, appunto. D'altra parte, per il leader della Lega sono giorni duri e non è escluso che la sua nuova condizione lo abbia messo bruscamente di fronte alla realtà. Ieri si aggirava per Palazzo Madama preso dal suo telefono, ma senza il consueto codazzo che sempre contraddistingue il potente di turno. Da solo è entrato alla buvette a prendersi un'aranciata e da solo è uscito, bicchiere in mano, nonostante il protocollo di Palazzo Madama non lo consenta («mica me lo rubo», ha risposto interdetto a chi glielo ha fatto notare). Giorni difficili, in cui ha dovuto anche lasciare lo splendido attico di piazza Grazioli, residenza del ministro dell'Interno. Gli scatoloni sono diretti a Milano, perché pare che Salvini non prenderà casa a Roma. Insomma, un deciso cambio di vita.

Così, nel suo primo discorso al Senato dai banchi dell'opposizione, il leader della Lega si guarda bene dal criticare il capo dello Stato. Neanche in modo indiretto fa riferimento a Sergio Mattarella e alla sua gestione della crisi. Anzi, ammette che il Conte bis è un governo «formalmente legittimo». «Sostanzialmente abusivo», aggiunge. E poi affonda il colpo: «Uno schifo». Ma rispetto al refrain degli ultimi giorni è un gigantesco cambio di narrazione. Come pure la via che immagina per la sua opposizione. Nelle piazze, certo. E nelle urne, visti i prossimi appuntamenti elettorali che di qui a maggio porteranno al voto oltre venti milioni di italiani in Umbria, Emilia Romagna, Toscana, Calabria e altre regioni ancora, dalla Liguria al Veneto. Ma in più di un'occasione ci tiene a sottolineare come l'opposizione sarà soprattutto nelle aule parlamentari. «Se qualcuno pensa di ritornare alla legge Fornero e ai porti aperti dice noi faremo una sana e robusta opposizione e vi terremo qui in Parlamento giorno e notte».

Un cambio di passo. E che sia incidentale o studiato a tavolino lo capiremo solo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Ma c'è già chi immagina che il nuovo corso abbia a che fare con la partita della legge elettorale, su cui Salvini, non a caso, si è scagliato: «Una riforma proporzionale per garantire l'inciucio a vita». Che, dovesse arrivare al traguardo, però, rivoluzionerebbe lo scenario politico nazionale. Con il proporzionale, infatti, le elezioni le vincono le coalizioni, i cui candidati premier sono quasi sempre coloro che riescono a fare la sintesi tra le diverse anime dello schieramento. Salvini ha avuto sì la grande capacità di portare la Lega dal 4 al 35% in sei anni, ma ha anche spostato a destra il baricentro del Carroccio. Difficilmente, insomma, l'ex ministro dell'Interno potrebbe proporsi come l'uomo che unisce tutto il centrodestra.

Il tema è stato oggetto di conversazioni tra i big della Lega e chissà che Salvini non abbia deciso di ammorbidire i toni anche per iniziare a controbilanciare lo smottamento a destra di questi ultimi 14 mesi.

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