Su Moretti nasce il grillismo in toga

Su Moretti nasce il grillismo in toga

Il tribunale di Lucca ha inflitto ieri 23 condanne per la strage di Viareggio del 2009, il deragliamento di un convoglio ferroviario carico di gas che, esplodendo, provocò la morte di 32 persone. Sentenze pesanti, dai sei anni in su, seppur dimezzate rispetto alle richieste dei pm. Per chi quella notte perse parenti e amici non c'è verdetto che possa placare rabbia e dolore, ed è comprensibile. Neppure l'ergastolo. La giustizia non ha il potere di resuscitare i morti, ma il dovere di punire i colpevoli, se risultano tali.

Per il cedimento di un bullone di un carro tedesco è finita alla sbarra tutta la catena di comando delle Ferrovie, compreso l'allora amministratore delegato Mauro Moretti, oggi a capo di un'altra azienda strategica italiana, Finmeccanica. Per lui i pm avevano chiesto 16 anni di carcere per un teorico «omesso controllo», reato subdolo perché, in pratica, impossibile da evitare in un'azienda di quelle dimensioni. Ieri si è preso sette anni, quasi dieci di meno, e già questo apre dubbi su come i magistrati possano interpretare le leggi un tanto al chilo, in base a opinioni e teoremi più che a fatti oggettivi.

Il verdetto ha provocato immediate ripercussioni anche su Finmeccanica, precipitata in Borsa, perché è ovvio che la riconferma al vertice di Moretti, uno dei migliori manager pubblici che abbiamo, sia ora in discussione, poiché sette anni per omesso controllo restano comunque una sentenza pesante, esemplare.

E qui viene il punto. Le sentenze devono essere esemplari o, più semplicemente, eque e sagge? Devono assecondare e placare la legittima ansia risarcitoria delle vittime, dando in pasto a loro e all'opinione pubblica il pesce grosso, a prescindere dai fatti? Penso di no, i tribunali nascono per evitare le esecuzioni sommarie, da parte dei cittadini, di persone ritenute colpevoli secondo la comune opinione. In questo caso si è sottratta una persona al linciaggio pubblico per poi sottoporla a quello di Stato, che così se ne lava le mani.

Siamo al giustizialismo politico grillino applicato alla giustizia. E la cosa, detta con enorme rispetto ai parenti delle vittime che hanno tutto il diritto di dissentire da questa tesi, non ci piace e non ci lascia tranquilli.

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