"Mi piacerebbe essere ricordato come un ragazzo che ha provato a fare una cosa incredibile, impossibile, che però non si è arreso". Erano state queste le parole di Daniele Nardi, l'alpinista disperso sul Nanga Parbat da più di una settimana insieme al suo compagno Tom Ballard, durante un'intervista a Le Iene, che gli avevano chiesto come avrebbe voluto essere ricordato nel caso non fosse tornato.
L'aveva messa in conto Daniele, la possibilità di restare sulla montagna che l'aveva stregato e che aveva deciso di scalare passando da una via che nessuno aveva mai battuto. Aveva già provato a raggiungere la vetta passando dallo Sperone Mummary in inverno, ma non ci era mai riuscito. Questo era il quinto tentativo. Ma perché Nardi voleva avventurarsi proprio per questa via, su una montagna di per sé già pericolosa? "Questo per me fa parte di una promessa che mi sono fatto da bambino, quando ho deciso di fare l'alpinista, ho scelto di lasciare un segno sulla storia dell'alpinismo, per farlo dovevo fare qualcosa che nessuno ha mai fatto prima", aveva spiegato l'alpinista a Le Iene. E lo Sperone Mummary è la via più diretta alla vetta del Nanga Parbat, "la più elegante, la più bella ma anche la più pericolosa": ci sono venti che viaggiano tra i 100 e i 200 chilometri orari, rischio di valanghe elevatissimo e temperature che raggiungono i 50 gradi sotto zero. Nessuno è mai riuscito a batterla in salita. L'unico che passò dallo Sperone Mummary, in discesa, fu Reinhold Messner, nel 1970 durante la spedizione che costò la vita a suo fratello.
Daniele Nardi era ben consapevole dei rischi che correva e, nella sua ultima intervista prima di partire, aveva lasciato un messaggio per il figlio:"Se non dovessi tornare vorrei che il messaggio che arrivasse a mio figlio fosse questo: non fermarti, non arrenderti, datti da fare perché il mondo ha bisogno di persone migliori che facciano sì che la pace sia una realtà e non soltanto un'idea e vale la pena farlo".
Oggi, gli elicotteri dell'aviazione militare pakistana hanno sorvolato, di nuovo, la zona alla ricerca dei due alpinisti:"Abbiamo raggiunto una quota approssimativa di 7.100 metri. Purtroppo, non ci sono tracce visibili dei nostri amici", ha comunicato Alex Txikon, a bordo dei mezzi.
Prima di partire, Daniele aveva ricordato anche la difficoltà nel prestare soccorso a quelle quote: "Quando sei sopra i 7mila metri è difficilissimo portar giù una persona, gli elicotteri non volano o non ci arrivano" e il Nanga Parbat, oltre ad essere una montagna assassina, spesso non restituisce nemmeno i corpi di chi ha provato a conquistarne la vetta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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