Cronache

"Gli infetti non contagiano i colleghi": primo test nella fabbrica veneta

Prima fra tutte le regioni italiane, il Veneto ha deciso di effettuare dei controlli nelle aziende, così da verificare la situazione. Nessun contagio fra colleghi sul posto di lavoro, solo 4 le persone risultate positive e 3 di queste sono impiegate in una fabbrica rimasta chiusa durante il lockdown

"Gli infetti non contagiano i colleghi": primo test nella fabbrica veneta

Con la riapertura del Paese e la ripresa dell'attività produttiva, una delle principali problematiche da affrontare per scongiurare una nuova diffusione dei contagi è evitare che il virus possa trasmettersi fra colleghi sul posto di lavoro. In Veneto, dove le scelte prese hanno in qualche modo contenuto la malattia, ci si sta già muovendo in tal senso, e così è stata presa la decisione di effettuare i test del tampone faringeo agli operai che lavorano nelle fabbriche.

È stata la task force guidata dalla dottoressa Francesca Russo, capo del dipartimento prevenzione della sanità regionale, ad occuparsi di effettuare i primi controlli in 9 aziende scelte nel padovano, dove si è verificato il primo focolaio veneto. Di queste, ben 7 sono risultate "pulite", con nessun dipendente contagiato, mentre nelle altre strutture sono state complessivamente trovate 4 persone positive.

Nell'esaminare i dati, è importante tenere in considerazione che le aziende prese in esame sono attività di medie e grandi dimensioni. Delle 9 esaminate, inoltre, 8 non hanno mai chiuso durante il lockdown, perché facenti parte della categoria dei servizi essenziali. Parliamo delle società "Sacchettificio nazionale Corazza", con 241 dipendenti, "Acqua vera", con 232 lavoratori, "Malvestio", con 215 dipendenti, "Maschio", 186, "Brembana & Rolle", 108, "Parker", 89 e "Luxardo", 60, come riportato dal "Corriere". In queste aziende, come risultato dai test sierologici, vi erano stati alcuni dipendenti infetti alcune settimane prima. Una parte non aveva sviluppato sintomi, riuscendo a superare la malattia ed a produrre anticorpi. Al tampone, tutti sono poi risultati negativi.

Positivi al test invece 4 lavoratori, 3 dei quali appartenenti all'azienda "Isoclima", rimasta al contrario delle altre chiusa durante il lockdown. Da questo dato è emerso il sospetto che a rischiare il contagio siano stati più i dipendenti costretti a casa rispetto a quelli che hanno continuato a lavorare, operando naturalmente in sicurezza.

Altro punto da tenere in esame è quello relativo all'efficacia dei test rapidi, eseguiti tramite puntura del dito. A parlarne è il professor Michele Mongillo, che si è messo a disposizione della Regione Veneto ed ha partecipato ai controlli. Il medico ha spiegato che su un campione di operai sono stati fatti tutti e 3 i test a disposizione, ovvero il test del tampone faringeo, il test sierologico tramite prelievo venoso ed il test rapido pungidito. Il risultato ha fatto riflettere. "Su 42 lavoratori ai quali abbiamo fatto tutti e 3 i test, 22 sono risultati positivi al sierologico rapido. Il dato sorprendente è venuto dal sierologico tradizionale. Gli stessi 22, tutti, sono infatti risultati negativi. E lo stesso esito ha dato il tampone. Ci sono quindi sicuramente dei falsi positivi o falsi negativi", ha raccontato al "Corriere". Sono sorti dei dubbi, dunque, per quanto riguarda l'attendibilità dei test pungidito.

In ogni caso, su 1.518 dipendenti esaminati, solo 4 sono stati trovati positivi ed ora si trovano in isolamento. Un dato che fa sperare. "In azienda gli infetti non hanno diffuso il contagio. Pare che le misure di contenimento applicate sotto i capannoni stiano funzionando", ha commentato il dottor Mongillo.

In programma, adesso, è un ulteriore controllo che sarà allargato a ben 113 aziende con oltre 15 mila dipendenti, in modo tale da verificare la situazione presente anche in altre province venete.

Il gruppo di studio ha iniziato proprio questa settimana e conta di conlcudere con i test entro la fine del mese, così da avere i risultati prima possibile.

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