Cronache

Vigilante sparò a un ladro: condannato per tentato omicidio

I giudici di Milano escludono la legittima difesa: "Ha sparato mentre il ladro era in fuga". Condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere

Vigilante sparò a un ladro: condannato per tentato omicidio

Mentre Francesco Sicignano è rimasto invischiato in un'accusa durissima (omicidio volontario) per essersi difeso da un ladro albanese che gli era entrato in casa per svaligiarla, una sentenza pesantissima del tribunale di Milano fa piazza pulita del diritto di legittima difesa. Un vigilante è stato, fatti, condannato a ben quattro anni e otto mesi di reclusione per aver sparato e ferito un ladro romeno che, insieme ad altri connazionali, stava cercando di rubare rame in uno stabilimento dismesso. La sentenza emessa dalla decima sezione penale, presieduta da Gaetano La Rocca, accoglie così l’ipotesi del pm Eugenio Fusco che qualifica il fatto come "tentato omicidio" perché "la guardia armata ha sparato mentre il ladro era in fuga". È stata, quindi, esclusa la legittima difesa.

Il tribunale di Milano getta benzina sul fuoco in un clima già di per sé incandescente. Mentre infatti la politica si divide sul diritto alla legittima difesa, i giudici milanesi hanno condannato a quattro anni e otto mesi per tentato omicidio un vigilante che ha ferito gravemente un ladro di rame con un proiettile esploso dalla sua pistola di servizio. I fatti risalgono al 29 giugno 2011 quando l'uomo, che si trovava su un’area di Segrate nella quale erano in corso bonifiche, ha sentito un violento boato provenire da una botola. Stando alla ricostruzione fatta dallo stesso vigilante, il rumore era sembrato "un colpo di arma da fuoco". La guardia ha, quindi, sparato ad altezza d’uomo centrando il ladro. Dopo la sparatoria il romeno era stato sottoposto a una delicata operazione chirurgica per un’infezione al polmone.

La difesa del vigilante ha provato a sostenere in aula la tesi della legittima difesa, ma il pm ha dovuto escludere questa ipotesi e anche quella della legittima difesa "putativa". Secondo l’accusa, infatti, la guardia non era in una situazione di pericolo perché i ladri non erano armati e stavano fuggendo (né l’imputato avrebbe ritenuto erroneamente, secondo l’accusa, di essere in pericolo in quel frangente). Data l’arma utilizzata, una pistola, e la distanza ravvicinata da cui ha esploso il colpo, gli inquirenti (il pm aveva chiesto la condanna a 5 anni) hanno escluso anche l’ipotesi delle lesioni con eccesso colposo in legittima difesa. I giudici hanno accolto la tesi del tentato omicidio con dolo diretto, anche perché non si trattava nemmeno di un caso di legittima difesa in un domicilio. Il vigilante, invece, nel corso del processo aveva provato a sostenere di essersi sentito in pericolo perché avrebbe sentito il rumore di una botola e lo avrebbe confuso con uno sparo. Inoltre, l’uomo aveva chiamato a testimoniare il fratello, con cui si esercitava al poligono di tiro, per dimostrare di non essere molto preciso nei colpi.

Il ladro, colpito al torace, aveva dovuto invece subire un intervento chirurgico per fermare un’infezione polmonare.

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