Visione, in aumento le patologie della retina

Londra capitale dell'oftalmologia. Con più di 5200 medici oculisti, riuniti per tre giorni, al congresso Euretina 2014 (l'evento più rilevante al mondo sulla retina), per fare il punto su diagnosi e terapia delle più importanti alterazioni retiniche. Patologie invalidanti che compromettono fortemente la funzione visiva, fino alla cecità, in crescita per via dell'invecchiamento della popolazione e per l'esposizione a malattie come il diabete mellito. Circa il 70 per cento dei diabetici, dopo 20 anni di malattia, sviluppa complicanze retiniche. Fino al 90-95 per cento dopo 25 anni. Ora però, l'innovazione tecnologica e farmacologica, sta delineando una vera e propria svolta, nell'ambito della retina medica.

«In questo momento storico - spiega Francesco Bandello, presidente del congresso Euretina 2014 e direttore della clinica oculistica dell'università Vita-Salute, Istituto Scientifico San Raffaele di Milano - si sono determinati due grandissimi passi in avanti: uno nel campo della diagnostica, con l'avvento della tecnologia OCT che consente di ottenere delle immagini precise e di qualità, della situazione anatomica retinica. L'altro avanzamento si è verificato nel trattamento, con l'avvento delle terapie intravitreali: farmaci che vengono introdotti all'interno dell'occhio mediante le iniezioni intraoculari. Sono capaci di produrre risultati, fino a poco tempo fa, impossibili da raggiungere». Nuovi dati presentati in sede Euretina 2014, confermano il profilo di sicurezza, di ranibizumab, unica terapia anti-Vegf, specificamente progettata, sviluppata e autorizzata per uso intravitreale, per cinque patologie oculari. Anche dalle nuove Linee Guida del gruppo Euretina (presentate in occasione del congresso londinese), emerge come il farmaco in questione, sia diventato lo standard di riferimento per la degenerazione maculare senile umida, sottolineandol'importanza di un regime di trattamento personalizzato. Non solo.

Nello stesso contesto, gli autori evidenziano inoltre che, a seguito del trattamento con altre terapie anti-Vegf, l'esposizione dell'intero organismo del paziente, agli effetti del farmaco somministrato, è significativamente superiore a quella di ranibizumab.

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