Martin Amis e Julian Barnes sono tornati insieme, si potrebbe dire. Sarebbe una bella notizia, considerando che, dopo la furibonda lite di vent'anni fa, non si è mai davvero capito se i due scrittori inglesi più raffinati e provocatori di ventesimo e ventunesimo secolo siano tornati davvero amici. Amis dice di sì, specie quando cerca di far ritirare dal mercato compromettenti biografie o monografie che lo riguardano. Barnes non si pronuncia (ma diciamo che rifugge dalle dichiarazione «alla Amis»), specie dopo la morte di sua moglie Pat Kavanagh, in parte protagonista di quella lontana contesa. Ma almeno le librerie italiane in questa primavera li vedranno vicini vicini ricordare con i loro romanzi di esordio, in entrambi i casi inediti in Italia, tempi lontani lontani: il 3 marzo è infatti in uscita Metroland (trad. di Daniela Fargione, Einaudi, pagg. 228, euro 15) e il 24 marzo sarà la volta di Il dossier Rachel (trad. di Federica Aceto, sempre Einaudi, pagg. 200, euro 13,50).
I due libri nascono in realtà a qualche anno di distanza. Per Amis il debutto avviene nel 1973 con una storia, manco a dirlo, autobiografica. Il dossier Rachel vede al centro gli appunti d'amore di Charles Highway (un cognome programmatico), inglese poco più che adolescente. Ovviamente brillante, ovviamente ambizioso, ovviamente seduttore e altrettanto ovviamente nevrotico, di bruttezza ipnotica, deboluccio e, più ovviamente di tutto il resto, molto sottovalutato. Nelle pagine di questo romanzo c'è già tutto Amis: la sprezzatura contorta e affascinante che lo contraddistingue nella vita e nello stile, il desiderio grottesco e fintamente maldestro per tutte le donne, tutte momentaneamente rappresentate da quell'Unica. Qui «lei» è Rachel Noyes, splendida ventenne, quindi più «vecchia» di Charles, legata a uno studente americano e quindi ancor più irraggiungibile, che necessita di tali macchinazioni irrazionali di conquista da far ruminare pagina dopo pagina il lettore anche peggio di un thriller. Il romanzo divenne nel 1989 un film (motivo per cui è ancor più curioso che mai lo abbiamo tradotto in Italia) e pare che Amis lo abbia ripreso in mano solo di recente, per criticarsi aspramente, à la Roth: rozzo e immaturo - l'ha giudicato - per mestiere, per impianto, per stile e per descrizioni sessuali.
Barnes sboccia nel 1980, con la storia anni Sessanta di Chris e Toni, due bohemien targati Londra («J'habite Metroland», risponde Chris al suo professore, fermata periferica della Metropolitan Line), anch'essi adolescenti, almeno all'inizio della storia. Francofili che sarebbero piaciuti a Truffaut, i due vengono accompagnati alla soglia della maturità: Chris in cerca di vita a Parigi, tra cinemà, femmes et cafès, Toni nella protesta contro i benestanti prosaici. Finché casalinghitudine, pannolini e quotidianità non castreranno ormoni e ideali. E anche qui c'è tutto l'autore de Il senso di una fine , lucidità, delicatezza, stile da meditazione.
Erano anni felici per entrambi, quelli degli esordi, specie dopo che divennero amici e per tutto il milieu letterario la «Oxford Gang». Lavorano insieme, giocano a tennis o biliardo insieme, bevono (parecchio) insieme e scrivono (sebbene con stili distanti quanto i Poli) insieme. Si sono conosciuti proprio negli anni Settanta, quando Martin, figlio dell'«arrabbiato» Kingsley Amis, ha 24 anni, Il dossier Rachel fresco di stampa in mano e per molti è già un campione, in gara solo con Ian McEwan, mentre Julian è un 28enne di talento con profilo più understated. Amis diventa responsabile letterario del più blasonato settimanale sinistrorso britannico, il New Statesmen e si prende Barnes come vice. I due restano a mollo per vent'anni in quella gloria sofisticata che oggi ormai è merce rarissima: circondati dai migliori nomi della propria generazione - lo stesso McEwan, Tina Brown, Christopher Hitchens, Salman Rushdie tra gli altri - assediano (ed espugneranno) con ardore e un tasso equo di puzza sotto il naso i centri di potere intellettuale del proprio Paese. Tempi magnifici.
Finché arriva L'informazione , a metà anni Novanta, e il ciclone sui due: i protagonisti del romanzo, Richard Tull il tormentato trascurato e Gwyn Barry il superficiale di successo, scorretti rivali in letteratura e in amore, sono proprio Martin e Julian, dicono gli stessi radical chic di prima che ne sancivano il legame imperituro. Amis pretende mezzo milione di sterline di anticipo sul volume dall'agente che lo segue da 22 anni, Pat Kavanagh, guarda caso moglie di Barnes. Lei non ce la fa, nonostante i tentativi (arriva a 350mila). Amis se ne sbarazza e passa a Andrew Wylie, «lo sciacallo» ottiene sempre quel che vuole. Con un bigliettino all'arsenico, Barnes rompe ogni rapporto.
Colpa di Isabel Fonseca, la ricca ereditiera americana che ha sostituito Antonia Phillips (e dei costi esorbitanti del divorzio, forse) colpa dell'America, colpa dello show business, colpa della vanità (in quegli anni Amis spande una fortuna in denti finti). Quale che sia la causa, fu la fine di un'irripetibile epoca d'oro, e non solo per i dentisti.
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