Bastiat, se la ragione batte lo Stato

L'economista francese Frédèric Bastiat irride le mezze verità di chi difende i pesanti interventi della mano pubblica nella società DA OGGI AL PREZZO SPECIALE DI 1,99 EURO: SCARICALO QUI

Bastiat, se la ragione batte lo Stato

Parte oggi l'iniziativa del Giornale, in collaborazione con l'Istituto Bruno Leoni, che intende ridare vita e far scoprire brevi saggi dimenticati - interamente in formato digitale - di importanti pensatori liberali. Da oggi, infatti, sui principali bookstore (Bookrepublic, Ibs.it, Kobo) è possibile scaricare i classici del pensiero liberale in formato epub e mobi, per tutti i device (pc, mac, iPhone, iPad, Android, Kindle). Soltanto oggi il primo titolo della collana, Ciò che si vede e ciò che non si vede di Frédéric Bastiat, è gratuito mentre tutti gli altri titoli saranno disponibili a 1,99 euro. In tutto sono previste nove uscite complessive, tre alla settimana, nei giorni alternati di lunedì/mercoledì/venerdì, con partenza oggi. A ogni successivo giorno di uscita, un nuovo titolo viene «sbloccato» e si aggiunge al precedente, fino a venerdì 21 giugno, giorno dell'ultima uscita. Complessivamente poi i titoli resteranno «in coda» fino alla data del 31 luglio.

Con il suo solito piglio polemico, nel primo volume del Capitale Karl Marx lo definì «il più scialbo e quindi il più fortunato rappresentante dell'apologetica economica volgare», affibbiandogli pure l'epiteto di «commesso viaggiatore del libero scambio». Al netto del violenza dialettica e della volontà di sminuire un autore da lui molto distante sul piano dei principi, è vero che Frédéric Bastiat è stato un autore di successo (l'influenza che ebbe su Vilfredo Pareto, a esempio, fu immensa) e uno strenuo difensore del mercato, anche quale strumento di pacificazione.
Nato nel 1801 nella Francia sud-occidentale e spentosi a Roma la vigilia di Natale del 1850, Bastiat è uno dei maggiori protagonisti del liberalismo del XIX secolo. In particolare, egli è stato assai acuto nel cogliere il nesso tra la dissoluzione del diritto di proprietà (a seguito del trionfo di una visione che ha fatto dell'ordine giuridico la semplice volontà del ceto politico) e l'imporsi di un interventismo economico basato su equivoci intellettuali e contraddizioni logiche.

In tal senso, il saggio intitolato Ciò che si vede e ciò che non si vede - del 1850 - sintetizza bene lo spirito di questo economista che fu educato dai benedettini del collegio di Sorrèze e grazie a loro venne introdotto alla logica aristotelica e al rigore della riflessione. Nel mondo liberale americano l'apologo che egli illustra, che pone al centro una «finestra rotta», è divenuto tanto proverbiale che se in una discussione si evoca una «broken window» non c'è rischio di essere fraintesi.

Bastiat mette in scena un bambino che distrugge con un sasso una vetrina, suscitando l'ira del titolare del negozio. A questo punto, però, la narrazione evoca un passante il quale sostiene come, al di là delle apparenze, dal danno deriveranno conseguenze positive. Per quale motivo? Perché bisognerà dare lavoro a un vetraio, che con quei soldi potrà comprare altri prodotti: un paio di scarpe, a esempio. Inoltre il calzolaio a sua volta «finanzierà» ulteriori produzioni, e via dicendo. Si tratta di un sofisma irragionevole? Certamente, ma nel corso del tempo è stato più volte riproposto, considerando che anche negli anni scorsi vi fu chi giunse ad affermare - Paul Krugman, a esempio - che perfino gli attentati terroristici o i terremoti possono essere positivamente giudicati sul piano meramente economico.

Nelle poche pagine del saggio Bastiat dissolve ogni ragionamento fumoso e ricongiunge il senso comune (quale persona di buon senso, in effetti, penserebbe che distruggere le vetrine sia una buona cosa?) e la razionalità della scienza economica, sottolineando che la catena di iniziative che dal vetraio porta al calzolaio, e da quest'ultimo ai fornitori di altri prodotti, è solo «ciò che si vede». Questo è il lavoro che può essere suscitato dal danno che il monello ha arrecato al negoziante. Ma c'è pure altro e si tratta delle molte attività che si sarebbero probabilmente sviluppate se il titolare della vetrina distrutta non avesse dovuto destinare una parte delle proprie risorse al riacquisto di una lastra integra e se avesse potuto investire in altro modo i propri soldi.

Questo, appunto, è «ciò che non si vede» e tale categoria è fondamentale nell'analisi sociale. Se ci pensiamo bene, in effetti, ogni intervento statale si focalizza soltanto sulle conseguenze più immediate ed evidenti della propria azione, lasciando sullo sfondo o anche del tutto negando ciò che si sarebbe potuto realizzare se quell'iniziativa non vi fosse stata. Quando lo Stato utilizza i soldi dei contribuenti per salvare un'azienda che ha mille dipendenti, gli stipendi salvaguardati sono l'esito ben visibile e ampiamente propagandato della decisione politica.

C'è però anche l'effetto - non meno reale, anche se di difficile percezione - derivante dalla tassazione necessaria a finanziare quella spesa, e nessuno può escludere che se quei soldi fossero rimasti a imprese e famiglie si sarebbero potuti creare molti più posti di lavoro di quanti non siano quelli che si sono salvati.

In tal modo, Bastiat mostra come lo statalismo non sia soltanto profondamente illiberale, ma poggi su mezze verità che si trasformano in gravissimi errori concettuali.

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