Camilo Cienfuegos, l’altro “Che” dimenticato dai “rivoluzionari nostrani”

Assieme a Fidel Castro, Raúl Castro e Ernesto Guevara, è stato uno dei maggiori protagonisti della Rivoluzione cubana

Camilo Cienfuegos, l’altro “Che” dimenticato dai “rivoluzionari nostrani”

“Camilo fu compagno di mille battaglie, l’uomo di fiducia di Fidel nei momenti difficili della guerra e il combattente pieno di abnegazione, che del sacrificio fece sempre uno strumento per rafforzare il suo carattere e plasmare quello della truppa”. Così, Ernesto “Che” Guevara de la Serna, scrive nell’apertura de “Il manuale del guerrigliero”. Testo che, Camilo Cienfuegos, avrebbe dovuto leggere e correggere “se il destino non gli avesse impedito di farlo”.

Per molti, in un Occidente distratto dalla pubblicità e dal consumismo sfrenato che ha trasformato il guerrigliero argentino ucciso in Bolivia in una macchina per far soldi, la figura del rivoluzionario Camillo Cienfuegos non dice alcunché. Ma l’Heroe Sonriente, “l’eroe sorridente”, come lo chiamava la sua gente, è stato - assieme a Fidel Castro, Raúl Castro e Ernesto Guevara - uno dei maggiori protagonisti della Rivoluzione cubana, sfociata nel gennaio del 1959 nella cacciata del dittatore Fulgencio Batista.

Nato nel febbraio 1932 nel quartiere di Jesús del Monte, a L’Avana, da giovane, seguendo le orme della sua famiglia, aveva lavorato come apprendista sarto in una piccola bottega. La paga modesta lo aveva fatto successivamente emigrare negli Stati Uniti per un breve periodo. Una volta fatto rientro in patria, ha raggiunto il Messico per unirsi ai barbudos che stavano preparando la rivoluzione.

Assieme a Fidel Castro, nel novembre del 1956, Cienfuegos e altri ottanta guerriglieri, a bordo del piccolo battello Gramma, raggiungono le coste meridionali cubane. Il suo grande coraggio e la sua grande abilità nel combattimento, lo fanno diventare in breve tempo il comandante di uno dei più arditi battaglioni rivoluzionari.

Dopo due anni di combattimenti sulla Sierra Maestra, lo stesso Camilo Cienfuegos, a capo di una colonna di meno di settecento uomini, aveva conquistato Yaguajay, contribuendo così in modo più che determinante ad aprire la strada per l’ingresso in trionfo delle truppe castriste a L’Avana. Sempre il “Che”, lo ricorda come “il più grande comandante guerrigliero che questa rivoluzione abbia prodotto, un rivoluzionario senza macchia”. Tanto che, grazie alle sue gesta, si era meritato l’appellativo di “Uragano” e “Signore dell’avanguardia”.

Nella notte del 28 ottobre del 1959 Camillo Cienfuegos muore, o meglio, scompare in circostanze più che misteriose. Il Cessna su cui volava da Camaguey a L’Avana, infatti, non è mai stato ritrovato, come non è mai stato ritrovato il suo corpo. L’eroe sorridente era stato mandato a Camaguey per arrestare il dissidente Hubert Matos e sedare la cospirazione controrivoluzionaria. Ma a L’Avana non a mai fatto ritorno e da quella notte si sono perse le sue tracce. Secondo la versione ufficiale, il piccolo aereo su cui viaggiava Cienfuegos - che dopo la vittoria delle truppe castriste era stato nominato da Fidel Castro comandante delle forze armate nazionali – è improvvisamente sparito nel nulla. Molto probabilmente inabissato a causa di una bufera.

Ma la sua scomparsa resta un mistero. E nei decenni sono state tante le supposizioni sul destino del “Signore dell’avanguardia”. Tra le ipotesi della sua misteriosa scomparsa, c’è anche quella che lo vede eliminato per la sua grande popolarità e il suo essere per “l’autodeterminazione dei popoli” più che un fervente marxista. Sognava una Cuba libera dalla corruzione, dove tutti potessero vivere dignitosamente a testa alta.

Dimenticato dai “rivoluzionari nostrani”, ancora oggi il leggendario guerrigliero Camilo Cienfuegos, immortalato sempre con il suo cappello da cow-boy e con in mano l’inseparabile mitragliatrice Thompson pronta all’uso, viene ricordato dal suo popolo come un eroe.

E tutti gli anni, ogni 28 ottobre, come questo appena trascorso, in sua memoria migliaia di fiori vengono lanciati in mare. “La vita degli uomini come lui”, scrive il “Che”, “trova il suo aldilà nel popolo, e non ha fine se esso non lo vuole”.

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