Palazzo Fortuny, nobile dimora di Mariano Fortuny del famoso scenografo, scrittore, pittore, fotografo e creatore di tessuti preziosi, di origine spagnola, apre la sua stagione espositiva con una straordinaria mostra dedìcata alla figura di Diana Vreelan, faschion editor ed editor-in chief, dal 1936 fino agli inizi degli anni Settanta per importanti riviste come Harper's Bazaar e Vogue e poi fino alla sua morte avvenuta nel 1989 quando già era consulente al Costume Institute del Metrolitan Museum of Art di New York.
La donna che più rivoluzionò la cultura della moda per mezzo secolo amata e odiata, ha lasciato un grande segno e come disse di lei il grande fotografo Richard Avedon alla sua morte "She was and remains the only genius faschion editor", un titolo che mai nessuno riuscì a rubarle, nemmeno Anne Wintour.
Etichettata come "la zarina della moda", la Vreeland ha influenzato la scena internazionale per mezzo secolo perchè il suo genio e il suo stile erano inimitabili, come era facile da comprendere a partire dal suo modo di vestire, origianle, elegante, abiti e tuniche spesso contraddistinte da straordinari gioielli, più che preziosi, veri e propri oggetti d'arte (oggi avrebbe indossato quelli di Donatella Pellini o di Paloma Picasso); il suo cappello alla Borsalino con una rosa appoggiata sull'orecchio hanno fatto il giro del mondo. Così pure la sua rubrica "Whay don't you..." che ha tenuto a partire dagli anni Trenta su Harper's Bazaar. Minuta, dai tratti marcati un po' all'indiana, fece ingresso al Metropolitan Museum dopo tanta carta stampata. Ma la signora dagli occhi scintillanti e dai lunghi capelli blu scuro, ha dominato la scena internazionale fino agli anni Ottanta. New York, Parigi, Londra sono state le capitali nelle quali visse e lavorò.
Dalla mostra seppure inseririta in uno splendido scenario, la casa museo Fortuny, si può capire ben poco, ma leggendo il catalogo che l'accompagna edito da Marsilio a cura di Maria Luisa Frisa e Judith Clark (con una prefazione di Daniela Ferretti che ha curato il coordinamento della msotra per i Civici Musei di Venezia), allora il discorso si fa interessante e ricco di straordinarie sorprese.
"Niente è più meraviglioso che stare seduti a un tavolino mentre il crepuscolo cala su Piazza San Marco", parole della Vreeland in visita a Venezia, dove amava starsene seduta a parlare con Andy Warhol seduta ai tavolini del Caffè Florian e ora non è un caso che la mostra allestita al Fortuny che chiuderà i battenti il 25 giugno (Ingresso 10 euro, eccetto qualche riduzione) sia proprio nella città che tanto amava.
Nata a Parigi nel 1903 (padre inglese e madre americana) e morta nel 1989 a New York, aveva sposato un americano ma la sua vita era consacrata alla moda. Tanto temuta ma anche tanto amata da colleghi e avversari, era riuscita a farsi anche una famiglia: due figli che tanto adorava e che la seguivano nella sua carriera con paziente devozione. Quando divenne caporedattore ad Arper's Bazaar Carmel Show era diventata una vera e propria icona, intoccabile e inarrestabile. Era il 1936 quando all'Hotel St. Regis venne notata mentre ballava con un abito di pizzo bianco di Chanel, non colpì tanto per la sua bellezza, ma per il suo stile da gazzella e il suo gusto impeccabile e innovativo. Il giorno dopo entrò nella redazione del più prestigioso magazine di moda e non c'era da stupirsi...Era la moda a seguirla e non lei la moda.
Il fotografo Richard Avedon disse di Diana "La fashion editor era una persona che metteva i cappelli in testa alle signore della società, partendo dalal straordinaria galleria della sua immaginazione". La Vreelanda aveva come in corpo un radar in grado di captare le nuove tendenze. Era in grado di lanciare modelle e fotografi, giornalisti o giornaliste di moda persino, inventò il "lifestyle" e sostenne la chirurgia estetica. Vedendo la mostra si possono ammirare modelli formati da storici stilisti o sarti e gli allestimenti che lei stessa creava per il Metropolitan Museum. Insieme a ritratti e fotografie, vecchie riviste, è possibile riflettere sulla sua carriera. La storia della moda è passata dalla sue mani: gli abiti in mostra fanno parte della storia della moda e provengono dal Metropolitan di New York, dalla Fondazione Pierre Bergé-Yves Saint Laurent, dal Museo Christobal Balenciaga, da stilisti e da collezioni private. Non sono tanti, ma rendono l'idea di quel mondo. Peccato che la msotra sia un po' al buoi e che manchino pannelli descrittivi approfonditi sul tema e sulla stessa Vreeland.
La "Special Consultant per il Metropolitan Museum of Art" era un vero e proprio osservatorio del costume. E per tornare all'Italia, è Bnedetta Barzini una delle sue tante scoperte con Twiggy, Penelope Tree, Veruschka e Marisa Berenson. Sempre su Vogue, graie a lei, appaiono negli anni Sessanta Francoise Hardy, Chaterine Spaak, Barbara Steisand. Fu proprio lei a usare le attrici come modelle.
Interessanta al Bel Paese e al suo artigianato, alla sua moda, la Vreeland fa di Irene Brin l'editor di Harper's Bazaar a Roma.
"Chic, parisienne, flamboyant, exotic, colorquake, perfection, personalities, pizzazz, allure.." erano i termini da lei coniati. Molti sono i materiali e e le atmosfere, nonchè abiti fatta da design creati da Diana. Le foto nel catalogo di Duane Michals nella retrospettiva dedicata a Yves Saint Laurent riprendono i suoi allestimenti. Veri e propri saggi visuali in 2D erano le creazioni che uscivano dalal fantasia della Vreeland dopo le sfilate e la realizzazione delle sue mostre; Irving Penn ne fu testimone.
A tutti quelli che le domandavano quale era il segreto del suo talento e della sua arte, Diana Vreeland rispondeva così: "...la prima cosa da fare, tesoro mio, è organizzarsi per nascere a Parigi. Dopodichè tutto accadrà in modo naturale".
Se osserviamo la foto di Horst P. Horst in cui la Vreeland viene immortalata in tutta la sua alterigia ancora nel 1979 con una lunga collana, sorridente, con una sigaretta tra le mani, possiamo capire con uno sguardo la grandezza del suo genio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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