Gli Scritti selvaggi di Giancristiano Desiderio (per i tipi della Rubbettino) non è un saggio, ma neanche una storia. Uno, come chi scrive, che non ha una formazione filosofica, deve abbandonarsi in una sorta di flusso di coscienza, ben scritta, con qualche parolaccia di troppo, di cui non capirà molto, ma che alla fine lo divertirà molto. Come l'autore intuisce bene nella sua prefazione, è la prima parte quella che riesce ad acchiappare maggiormente il lettore. Desiderio ci anticipa come la filosofia sia un «programma di salvezza tramite la conoscenza» ma allo stesso tempo come «la razionalità totale della vita generi schiavitù»: noi stessi siamo cacciatori e selvaggina al tempo stesso ci ammonisce sin dall'inizio.
Ma andiamo alla ciccia, a ciò che ci è piaciuto, al riferimento che anche noi abbiamo capito. Scrive: «La democrazia è diventata la pretesa della pseudocultura di farsi i cazzi degli altri perché si sono vinte le elezioni. Nel suo fondo la democrazia ha un istinto illiberale che va tenuto a bada. Il senso della resistenza è nella decenza. Non c'è niente di meglio da fare al mondo che il proprio dovere (anche quando hai l'illusione o la consapevolezza che non coincida più con una patria comune). Niente meglio del proprio dovere tiene a freno l'istinto illiberale della democrazia: il dovere sta con i piedi per terra». Se ci pensate il contenuto illiberale della democrazia, una cosuccia che i liberali ottocenteschi, ma anche gli austriaci, teorizzavano bene, era un po' che non ce lo sentivamo dire. E ancora: «Siamo un Paese che odia la politica ma vuole dipendere dalla politica e dallo Stato. In tutto. Crediamo nello Stato etico non per convinzione ma per comodità. Chiediamo di essere assistiti per tutta la vita in tutto: nella sanità, nella scuola, nella giustizia... Invochiamo la lotta all'evasione fiscale non per giustizia ma per invidia. Non ci mettiamo in gioco perché temiamo che gli altri giochino meglio di noi».
E così con questo ritmo Desiderio ci parla di vita, di morte, di Senna e delle «sbrodolate» (diciamo così) dei giornalisti. Alto e basso: Totò, di cui il Nostro sembra conoscere a memoria l'intera filmografia, a Sartre. Il divertimento è garantito, qualche idea originale pure; ma solo a patto di non fare troppo i conti con le vostre conoscenze filosofiche.
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