È un insegnamento che gli uomini donore in Sicilia si tramandano da secoli: Cumannari è megghiu ca futtiri. Il potere è impagabile, non barattabile, insostituibile. Meglio di qualsiasi altra cosa, meglio che fottere. Per «comandare», la maggior parte delle persone è disposta a commettere ogni tipo di peccato, a infrangere le leggi, a calpestare qualsiasi principio. Nella corsa al potere luomo non dà solo il meglio, ma anche il peggio di sé.
E tra le corse al potere, la peggiore di tutte, perché porta più in alto di tutte, è quella alla Casa Bianca. Cercare di capire quali perversi meccanismi regolano lascesa di una persona comune (se non mediocre) alla carica di presidente degli Stati Uniti dAmerica, mettere a nudo le meschinità che ne costellano il percorso, raccontare i personaggi che la favoriscono o la ostacolano e dare conto degli atti di fedeltà e di eroismo che la nobilitano così come delle illegalità e delle bassezze morali che la imbruttiscono - se tutto ciò è fatto al netto di retorica, buonismi e atteggiamenti prevenuti - può produrre almeno un paio di ottime cose: unindagine «diversa» sui retroscena dellelezione delluomo più potente del pianeta; e una riflessione disincantata sul ruolo «perverso» della politica nella nostra società. Più o meno ciò che ha fatto lo scrittore Hunter S. Thompson in un libro-inchiesta a metà fra il romanzo umoristico, il documento storico e il pamphlet, uscito negli Stati Uniti nel 1994, e oggi in Italia, con un titolo che riassume perfettamente la convinzione (non aliena da qualche dubbio, in verità), del suo bizzarro autore, ossia che il potere è «Better than Sex»: Meglio del sesso (Baldini Castoldi Dalai, pagg. 340, euro 18; traduzione di Michele Bertinotti e Stefano Travagli).
Romanziere abbondantemente fuori dai generi e dagli schemi, personaggio culto dellAmerica ribelle e fricchettona degli anni 60 e 70, consumatore accanito di esperienze «al limite» e di stupefacenti vari, dallLSD alla mescalina, fondatore del gonzo journalism - un particolare stile di scrittura che combina il giornalismo dinchiesta al racconto in presa diretta e il reportage alla «narrazione» romanzesca - Hunter S. Thompson orientò la propria vita agli eccessi. Morì in circostanze misteriose, forse suicida, nel 2005. Ma prima fece anche in tempo, tra le numerose e qui non necessariamente elencabili avventure di cui fu protagonista, a occuparsi di politica. In prima persona (nel 1970 si candidò alla carica di sceriffo ad Aspen, Colorado, perdendo per pochi voti) e da «osservatore»: nel 1968 e nel 1972, quando già era prima firma della rivista Rolling Stone, seguì la campagna presidenziale dellodiatissimo Richard Nixon. Una pericolosa assuefazione al potere che di lì a qualche anno riporterà «Doctor Gonzo» sul luogo della perdizione.
Linchiesta romanzata Meglio del sesso, sottotitolo «Confessioni di un drogato della politica», non è che la folle, allucinata, sfibrante, confusa e liberatoria «corsa» compiuta in puro stile gonzo da Thompson e durata un anno e mezzo, tra lautunno del 91 e la primavera del 93, per seguire ascesa, candidatura, campagna elettorale, vittoria e primi mesi dinsediamento di Bill Clinton. Che da sonnacchioso governatore dellArkansan, nonostante il look da campagnolo, le allegre scorribande sessuali (una chicca da segnarsi: «Se iniziassimo a eleggere i presidenti in base alla loro purezza sessuale, allora sì che arriverebbero alla Casa Bianca dei mostri»), la marijuana e il Vietnam inspiegabilmente scampato, riuscì a interrompere la serie di 12 anni di governi repubblicani e a riportare i democratici alla Casa Bianca.
Drogato di politica ma completamente sfiduciato nei confronti di chi la rappresenta, Thompson non è un vero supporter, anche se finge di esserlo, iscrivendosi a più di un comitato elettorale. Per lui Clinton è soltanto il «meno peggio» rispetto agli altri due candidati di quellanno, il «bastardo» George Bush e il bizzarro Ross Perot. «La politica è uno sporco affare - scrive Thompson quando la vittoria di Clinton si profila allorizzonte - e si vince e si perde, e non si è mai sicuri fino in fondo da quale parte si è, soprattutto quando si vince». Ciò che conta è la competizione.
Il libro, folle come il suo autore, è un patchwork di lettere, foto, fax, biglietti, tabelle di sondaggi, cronologie, articoli di giornale, pettegolezzi, resoconti di cronaca e pagine di romanzo. Che non ci dicono nulla di più di quanto già sapevano sui fatti del 92.
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