Si intitola Il libro degli esseri a malapena immaginabili (Adelphi, pagg. 544, euro 34, traduzione di Massimo Bocchiola, disegni di Roberto Abbiati) ed è - come spiega il sottotitolo - un «Bestiario del XXI secolo»: un saggio pieno di disegni, riproduzioni, fotografie e curiosità su creature meravigliose. A raccontare la loro esistenza strabiliante è Caspar Henderson, autore di documentari per la Bbc e collaboratore del Financial Times e del New Scientist.
Perché ha scritto un bestiario di oggi?
«Avevo trascorso un po' di tempo con dei biologi marini, che studiano le barriere coralline tropicali. Molte delle creature in queste barriere sono più straordinarie di qualsiasi cosa gli esseri umani possano immaginare. Le barriere coralline sono minacciate gravemente dai cambiamenti climatici. Volevo scrivere un libro sulla natura stupefacente degli esseri viventi e sull'immaginazione umana in un'epoca di cambiamenti rapidi».
Chi l'ha ispirata?
«Due bestiari in particolare. Il primo è Il libro degli esseri immaginari di Jorge Luis Borges; il secondo è l'Ashmole Bestiary, un testo del XIII secolo con illustrazioni a colori meravigliose. Ho potuto vederlo a Oxford, dove vivo».
Quali sono le creature più antiche di cui parla, e quali quelle scoperte più di recente?
«Probabilmente la più antica è la tartaruga liuto, nel senso che è rimasta immutata nel suo aspetto per decine o centinaia di milioni di anni. Quello scoperto più di recente è il granchio yeti, che vive in acque caldissime vicino agli sbocchi vulcanici nelle profondità dell'oceano. Il suo habitat, le fumarole nere, fu scoperto negli anni '70 da sommergibili a immersione profonda».
Il suo «essere» preferito?
«Se proprio devo dirne uno, il Quetzacoatlus, uno pterosauro grande come un piccolo aeroplano. È stato l'animale più grande che abbia mai volato. Bizzarro...»
La maggior parte di queste creature proviene dal mare.
«Il mare contiene molte forme diverse di vita - i phyla - rispetto alla terra. È di gran lunga la zona disabitata più grande del pianeta. Il futuro della vita dipenderà in gran parte da quello che succederà negli oceani. E poi molti degli animali che vivono laggiù sono strani, e bellissimi».
Che cosa sappiamo dei misteri degli abissi?
«L'oceano profondo è molto buio: è mappato meno della Luna, o di Marte. Molte forme di vita generano da sole la loro luce. Ci sono creature che hanno un aspetto che nemmeno Salvador Dalí avrebbe potuto sognare. Per esempio, nei pressi delle caldissime fumarole ci sono vermi lunghi quanto è alto un uomo, che però si nutrono senza avere uno stomaco».
Parla spesso di vermi, nel suo libro.
«Ci sono molti generi di creature che chiamiamo vermi, ma appartengono a phyla che sono diversi fra loro quasi quanto noi da loro. Fra i più notevoli, i vermi piatti: possono essere tagliuzzati in piccoli pezzi e poi ricrescono di nuovo, completamente».
La prima creatura di cui parla è l'axolotl. Perché sono così importanti per i ricercatori?
«Gli axolotl, che sono imparentati con i tritoni, hanno alcune caratteristiche deliziose. Con le loro facce strane, le dita delicate e la pelle rosa, sembrano un po' umani. Sono neotenici: nella loro forma adulta assomigliano a esseri giovani. In più hanno dei poteri straordinari di rigenerarsi: possono perdere un dito e perfino un arto intero o altre parti del corpo; tanto poi crescono dei ricambi, senza lasciare cicatrici».
Parla anche di Xestospongia, la «spugna barile»: che cos'ha di particolare?
«Le prove ci dicono che le spugne sono state fra i primissimi animali pluricellulari, già prima della esplosione del Cambriano, circa 541 milioni di anni fa. Sono semplici, se confrontate ad altri animali, e in qualche modo lo sono ancora; eppure, una volta che inizi a osservarle, sono più complesse e meravigliose di quanto ti possa aspettare. Questa relativa semplicità può significare che si sono evolute presto e hanno avuto il tempo di imparare ad adattarsi e abitare nuovi ambienti, come pioniere».
Come mai nel libro ci sono anche balene e delfini, che tutti conosciamo?
«Più studiamo i delfini e le balene, più scopriamo - e rimaniamo stupiti - della loro intelligenza e della loro capacità di empatia. Qualche decennio fa gli scienziati pensarono che fosse una buona idea cercare di insegnare ai delfini a parlare».
Non lo era?
«Non era una buona idea, per vari motivi, però abbiamo scoperto che spesso i delfini capiscono noi molto bene. Siamo noi, che siamo solo all'inizio nel comprendere quello che loro si dicono. Molti delfini e balene hanno straordinarie capacità percettive: possono usare il loro sonar per guardare all'interno del corpo umano, e sono perfino in grado di rilevare se una donna è incinta. E poi si impegnano in alcune pratiche sessuali piuttosto bizzarre... Insomma si godono la vita, quando non sono imprigionati, o uccisi dagli uomini».
Murene e anguille sono dei veri mostri, invece.
«Beh, le loro facce fanno abbastanza paura. Le murene hanno una seconda fila di mandibole in fondo alla gola, che vengono eiettate all'infuori per agguantare e poi masticare la preda. Un po' come il mostro in Alien di Ridley Scott. Solo che l'evoluzione ci è arrivata prima...»
A proposito di meraviglie dell'evoluzione, quanto sono importanti i sistemi visivi?
«In natura, tutti gli occhi sono strabilianti. Eccezionali sono quelli dei polpi, che somigliano ai nostri ma sono progettati in modo più intelligente, così che non soffrano dei punti ciechi come noi. Straordinari sono anche gli stomatopodi, o gamberi mantide: killer letali, che hanno fino a diciassette tipi di recettori per i colori nei loro occhi compositi, rispetto ai tre dei nostri, e possono vedere anche la luce polarizzata circolarmente. Invece i nautili hanno gli occhi più primitivi del regno animale».
Come sono?
«Come grezze macchine stenoscopiche. I nautili sono molto antichi, dal punto di vista evolutivo. I loro gusci incarnano una armonia matematica perfetta, sono animali enigmatici e bellissimi: emergono e affondano nell'acqua riempiendo e svuotando le camere a gas dentro il loro guscio, un po' come fanno i sottomarini. Forse è per questo che hanno ispirato Jules Verne...»
Perché dice che gli squali sono sottovalutati?
«Innanzitutto, gli squali possono essere bellissimi. Basta pensare agli squali balena o agli squali tappeto. Nell'arcipelago indonesiano e nel Pacifico, da sempre le popolazioni amano e rispettano gli squali. La maggior parte poi sono innocui per l'uomo».
Quanto ha impiegato a scrivere il suo bestiario?
«Quasi cinque anni. È stato un progetto estenuante».
Ora è a caccia di altre creature inimmaginabili?
«Ho già pubblicato A New Map of Wonders, in inglese. È simile a questo libro, a parte che non ci sono animali... È una immersione nelle meraviglie dell'esistenza e dell'immaginazione umana».
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