Cultura e Spettacoli

L'Arabia come Israele? Per favore, non scherziamo

A leggere i giornali, pare stia passando una idea davvero bizzarra. L'equivalenza tra la richiesta di ripensare all'Arabia Saudita come Paese ospite del 2016 e il boicottaggio di Israele, Paese ospite nel 2008

A leggere i giornali, pare stia passando una idea davvero bizzarra. Questa: l'equivalenza tra la richiesta rivolta ai nuovi vertici del Salone del libro di Torino, Giovanna Milella e Giulia Cogoli, di ripensare all'Arabia Saudita come Paese ospite del 2016 e il boicottaggio di Israele, Paese ospite nel 2008. Si ripete la stessa storia, come scrivono alcuni quotidiani. No, un attimo. La protesta contro Israele fu un tentativo di tappare la bocca a un Paese democratico che al Salone del libro portava editori, scrittori e scrittrici di ogni orientamento politico. Furono invitati nomi noti e meno noti ai lettori italiani, da Aharon Appelfeld a Etgar Keret passando per Abraham B. Yehoshua. Letterati capaci di coprire tutto il ventaglio di posizioni sulla questione medio-orientale, a cui si aggiungeva un corposo drappello di storici. Il boicottaggio orchestrato in quella occasione resta una delle pagine più imbarazzanti nella storia recente della cultura italiana. Vi parteciparono Gianni Vattimo, Giulietto Chiesa e un certo numero di professori universitari (Domenico Losurdo, ad esempio), sindacalisti (Giorgio Cremaschi), politici caduti nel dimenticatoio. Con l'appoggio esterno di Tariq Ramadan, riverito ospite di un convegno torinese sul tema a pochi giorni dalla manifestazione. Furono pubblicati appelli minacciosi e addirittura un ultimatum alla direzione del Salone. In realtà, Israele fece quello che si deve fare a una manifestazione del genere. Portare libri, case editrici e autori nel rispetto del pluralismo. È lecito dubitare che l'Arabia Saudita faccia lo stesso, visto che si nutre di un solo libro, il Corano, e che per il resto il Paese è dotato di una censura perfettamente funzionante. Tanto più che nel primo comunicato ufficiale, l'addetto culturale saudita dichiarava di voler far conoscere meglio agli italiani la Mecca e l'islam, senza quasi menzionare tutto il resto: letteratura, saggistica, editoria. Che nel contesto torinese non sono dettagli ma l'essenziale. Che facciamo, diamo una bella vetrina al Salone del libro a chi i libri li censura? La futura direzione è parsa scettica, l'invito potrebbe rientrare o l'Arabia Saudita potrebbe essere affiancata da un'altra nazione. Vedremo.

Intanto, per favore, non veniteci a raccontare che stiamo vedendo lo stesso film del 2008.

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