MAXXI buco, il supermuseo già commissariato

MAXXI buco, il supermuseo già commissariato

di Luca Nannipieri

Un altro museo è arrivato (forse) al capolinea. Non è un museo qualunque. È il MAXXI, il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo a Roma. La sua Fondazione è stata ieri commissariata. Il motivo? Semplice: 11 milioni di euro di disavanzo nella previsione 2012-14. Un deficit che ha sì che il bilancio non venisse approvato e si desse mano al commissariamento. Forse il museo non verrà chiuso ma certamente il modo con cui fino a ieri è stato diretto finisce qui. La vicenda del MAXXI dell’archistar Zaha Hadid (costato 150 milioni di euro, il doppio del previsto) è l’ennesima prova che il sistema dei musei italiani, che ricevono grossi finanziamenti statali senza che vi sia una gestione manageriale, porta soltanto al fallimento programmatico di queste strutture e allo sperpero di ingenti quantità di denaro pubblico: 450mila visitatori l’anno infatti sono ben poca cosa quando uno Stato, a secco di risorse, è costretto a rigide revisioni di finanziamenti, e gli 11 milioni di euro di deficit previsti sono una grossa cifra che il Ministero dei Beni culturali non si è sentito di coprire. Non servono a molto le dichiarazioni di sconcerto e di sorpresa del consiglio di amministrazione, presieduto da Pio Baldi. Come non serve a molto che l’onorevole Melandri dica che le piange il cuore all’idea del commissariamento e confida nel Ministro Ornaghi. Così dicendo, l’ex ministro del Pd dimostra di non aver capito l’essenza del problema: non è possibile che lo Stato sia sempre pronto a finanziare e a coprire buchi di bilancio della cultura; non è possibile che lo Stato si faccia carico di qualunque «spericolata» gestione economica in nome di un intoccabile concetto di servizio pubblico. È sempre più improrogabile una discussione che ridefinisca il ruolo dei privati. Non si possono lasciare ai margini, fuori dalla gestione del museo, a occuparsi solo del bookshop e della caffetteria. Non si può richiedere che vi partecipino come semplici mecenati, sempre in seconda fila rispetto all’imperante posizione dello Stato. Nessuna azienda privata permetterebbe un disavanzo così corposo. Perché dovrebbe farlo lo Stato, con i nostri soldi? E perché lo Stato dovrebbe non commissariare i musei in deficit? In un’Italia coperta di borghi, gallerie, musei, dovrebbe sussistere un principio molto chiaro di sopravvivenza: un museo rimane aperto in base soltanto ai finanziamenti privati o alle donazioni. Lo Stato può concorrere come gregario, come assistente, ma non come oggi, da unico protagonista. Il nostro Paese è punteggiato da una quantità insostenibile di spazi espositivi. È davvero doveroso tenerli aperti tutti, qualunque sia il loro costo? Si diffama la Costituzione se accettiamo l’idea, come dovrebbe essere in qualunque Paese moderno, che sopravviva soltanto ciò che ha la capacità e il merito per farlo? Walter Veltroni e Francesco Rutelli vollero fortemente il MAXXI. La politica ha da sempre occupato molti spazi nei consigli di amministrazione e di indirizzo delle fondazioni museali.

Occorre prendere questo episodio del commissariamento per deciderci a fare due passi importantissimi in avanti: i privati nella gestione diretta e unica dei musei e la politica fuori dai consigli di amministrazione. Se non li facciamo, il MAXXI precederà molti altri musei commissariati a breve.

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