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Mirella Tenderini: una signora sempre in vetta

La decana della letteratura di montagna vive da quarant'anni in una casa-rifugio che abbandona solo d'inverno

Per raggiungere l'ultima signora della montagna bisogna salire ai Piani Resinelli, tra la Grigna e il Resegone. Mirella Tenderini vive da oltre quarant'anni in una casa-rifugio che abbandona solo d'inverno, quando l'enorme stufa e il camino che ha scelto come unico riscaldamento ce la fanno a stento, perché si arriva a meno 17: «Da quando sono rimasta sola, spalare la neve della discesa è una missione impossibile».

Oggi la decana della letteratura di montagna sarà all'ottava edizione di Letteraltura insieme al «mago» Manolo (17,45 al Chiostro di Verbania), ovvero Maurizio Zanolla, uno dei pionieri dell'arrampicata libera in Italia, una delle tante figure romantiche e filosofiche che Mirella ha conosciuto e ritratto in una vita dedicata all'alpinismo scritto e praticato: «Non sono mai stata considerata un'alpinista, ma da casa nostra sono passati tutti: Walter Bonatti, il più bravo; Riccardo Cassini, che facemmo incontrare con Detassis, un evento storico perché lecchesi e trentini non sono mai stati amici; e poi gli americani, Royal Robbins, Tom Frost, Allen Steck, Jim Bridwell, quelli che hanno sconvolto il modo di andare in montagna perché l'obiettivo non era più arrivare in vetta, ma superare le difficoltà della parete. Sotto, c'è un piano che ha sempre avuto letti a castello e sennò, basta fare, come si dice, uno strato di paglia e poi uno strato di alpini».

Ha fondato la prima agenzia internazionale di editoria d'arte, è stata l'agente esclusiva dei più importanti musei del mondo, ma, sebbene milanese doc, la signora ha la montagna nel cuore: per Corbaccio è da poco uscito Tutti gli uomini del K2, in cui ricostruisce, oltre alla storia della cima, la sintesi definitiva del duello Bonatti-Desio, nel Regno Unito arriva il suo primo libro, Il duca degli Abruzzi, mentre in Francia a settembre è atteso il nuovo Shackleton, sul salvataggio della baleniera «Caird», scialuppa di quell'«Endurance» che portò l'esploratore irlandese in Antartide.

Ma soprattutto, in questi giorni è di nuovo in libreria, dopo oltre 20 anni, il suo libro-culto, Gary Hemming (Alpine Studio), sul californiano che nel 1966 salvò due alpinisti tedeschi sul Petit Drus, in un'operazione che coinvolse quasi 100 uomini: «Un vagabondo mentitore, un eroe, amico di grandi politici e trovato morto suicida a 35 anni. Robert Redford mi chiese il manoscritto, forse voleva anche interpretarlo, ne aveva sentito parlare dagli amici sull'Himalaya».

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