"Noi schiavi del web? Sì, però ci ha liberato"

Il filosofo Ferraris: "La rete è invadente, ma la tecnica ci rende umani"

"Noi schiavi del web? Sì, però ci ha liberato"

Sono le tre del mattino, il cellulare sul comodino vibra e ci sveglia. È arrivata una mail e non esitiamo un attimo a leggerla, magari pure a rispondere. Siamo a cena, o via per il weekend e, nonostante la promessa di «staccare» che ci siamo fatti, non riusciamo a ignorare l'appunto di lavoro o il messaggio del capo seppur non urgente. Stiamo lavorando senza nemmeno rendercene conto. Chi ce lo fa fare? È a questa domanda che Maurizio Ferraris, filosofo e ordinario di Filosofia all'Università di Torino, ha cercato di rispondere ieri nel suo talk Mobilitazione totale - che riprende il titolo del nuovo saggio pubblicato per Laterza - sul palco dell'Internet Festival «Forme di Futuro» a Pisa.

«Cosa ce lo fa fare? La natura umana - spiega Ferraris - che, appunto, è portata a riconoscere una forma di autorità nelle sollecitazioni che provengono dall'esterno». Le notifiche che illuminano lo smartphone, la newsletter con gli articoli della settimana che non possiamo non leggere... Il web, e non solo, appare come un generale inflessibile di fronte al quale tutti «siamo sempre a disposizione», spiega il filosofo. Eppure levare gli scudi contro la «tecnologia maligna distruttrice di uomini» non è possibile e soprattutto non serve a nulla. «Abbiamo lo stesso rapporto di sempre: di dipendenza totale» - continua Ferraris - Noi dipendiamo dal web in una maniera più significativa di quanto dipendessimo dal fuoco e quando ci lamentiamo della dipendenza verso le tecnologie contemporanee poi dimentichiamo quella che abbiamo verso quelle più antiche e che consideriamo naturali: abiti, ruota, la cottura dei cibi... L'uomo è un animale dipendente, in parte dagli altri uomini, in parte dalla tecnica».

Insomma, nessun traviamento, internet ci ha permesso di diventare quello che già eravamo in potenza: «Discorsi su come un uomo pieno di virtù nello stato di natura sia rovinato dalla tecnica e dalla società mi sembrano inverosimili, anzi, credo sia vero il contrario. Se siamo umani questo dipende in pari misura dalla società e dalla tecnica, il che significa che la tecnica e nello specifico internet rivelano quello che noi siamo, molto più che deformare una qualche natura umana originariamente intatta».

«Fanno sorridere le pubblicità di quindici anni fa in cui si mostravano persone felici in riva a un lago con pc sulle ginocchia. Il messaggio era apparentemente: potete lavorare immersi nella natura. Ma questo, in realtà, significa che sebbene siate in vacanza, state lavorando. Questo lo si è compreso successivamente, ovvio. Tuttavia, che questa mobilitazione sia anche una apertura di spazi di libertà mi sembra altrettanto indiscutibile. Se Madame Bovary avesse disposto di un telefonino la sua vita sentimentale sarebbe stata forse meno accidentata...». Resta da capire se questa immersività perenne sia davvero ciò che vogliamo.

Nel saggio 24/7 (Einaudi) Johnathan Crary sostiene appunto che è in corso l'abolizione della differenza fra tempo del lavoro e del riposo, della vita lavorativa e privata e che il sonno è l'ultima soglia di resistenza. Basta però ricordarsi che, in fin dei conti, quando arriva la mail alle tre del mattino tocca sempre a noi la decisione finale se leggerla o continuare a dormire.

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