Ora Philip Roth dice basta: "Non scrivo più"

Ora Philip Roth dice basta: "Non scrivo più"

Philip Roth non scriverà più. L'autore di Pastorale Americana, uno degli autori più devoti al suo lavoro di scrittura che la letteratura americana ricordi ha deciso di chiudere la penna nel cassetto, troppa fatica e troppa solitudine. Lo ha confermato il suo editore Houghton Mifflin dando una notizia che è deflagrata come una bomba nel mondo culturale americano. C'era stata un'avvisaglia però, trascurata da tutti. «Ho smesso di scrivere», aveva detto, lo stesso Roth, in una intervista, rilasciata in ottobre, alla rivista francese Les Inrocks che, incredibilmente, era passata inosservata fino a oggi. «Nemesis sarà il mio ultimo libro», aveva aggiunto lo scrittore riferendosi al suo romanzo breve pubblicato nel 2010. Oggi la conferma ufficiale, molto più visibile di una chiacchierata pubblicata in francese.
«Roth mi ha detto che è vero», ha confermato Lori Glazer, vice presidente e portavoce di Houghton Mifflin. Lo scrittore, 79 anni, ha al suo attivo oltre 25 romanzi tra cui Goodbye, Columbus e Lamento di Portnoy, opere famossissime che però non gli hanno mai fatto vincere il Nobel per cui più volte era stato considerato un candidato sicuro. Roth ha invece vinto il Pulitzer per Pastorale Americana del 1997 e due National Book Award. Insomma una produzione notevole, qualitativamente e quantitativamente. Ma a Les Inrocks lo scrittore aveva confidato di aver sempre trovato difficile il suo mestiere. Non solo Roth ha aggiunto che all'età di 74 anni aveva cominciato a rileggere tutti i suoi libri preferiti, da Ernest Hemingway a Ivan Turgenev, poi si è tuffato nelle sue creazioni per una sorta di confronto: «Volevo vedere se avevo sprecato tempo. Ho dedicato tutta la mia vita a scrivere sacrificando tutto il resto. Ora basta. L'idea di cercare di scrivere di nuovo è impossibile». La notizia con la conferma dell'editore assume oggi però tutto un'altro peso, anche se per il momento l'agente di Roth, il potente Andew Wylie, si è limitato ad un secco «no comment».

In mezzo allo sconcerto generale uno dei primi a fornire una spiegazione di questa scelta è stato David Remnick, editor del New Yorker, che ha scritto un ritratto profilo di Roth è lo ha a lungo frequentato. «Per anni è stato completamente assorbito dalla letteratura, e di questo distacco dalla realtà ha sempre sofferto pesantemente». Ora forse Roth vuole vivere, per gli anni che restano.

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