Quando l'Italia aveva più mercanti e meno professori Quindi era ricca

Il vero miracolo economico italiano. Fatto di navi, prestiti e società. La trasformazione dell'economia dal baratto alla moneta e dalla moneta al denaro immateriale, grazie a gente come Francesco Datini che inventò l'assegno. Insomma quando i banchieri - che prima non c'erano - eravamo noi. Quando nelle città della Lombardia, e all'epoca il termine includeva tutto il centro nord, abbiamo inventato le regole della partita doppia, del dare e dell'avere.
Questa è la vicenda raccontata da Alessandro Marzo Magno, giornalista con il pallino della storia, in L'invenzione dei soldi. Quando la finanza parlava italiano (Garzanti, pagg. 280, euro 22). Marzo Magno - che già si era cimentato con l'epopea dell'editoria italiana (L'alba dei libri. Quando Venezia ha fatto leggere il mondo) - ricostruisce con dovizia di particolari, e rendendolo comprensibile anche al lettore medio, il grande ritorno del denaro avvenuto dopo l'anno Mille. La fine dell'Impero romano aveva spedito le monete in soffitta. E l'Europa era diventata la società tripartita descritta da Adalberone di Laon: bellatores, oratores, laboratores. È vero, ci aveva provato Carlo Magno a rivitalizzare la moneta con il suo «denaro» imperiale. Ma il conio aveva un destino fragile quanto il sogno imperiale, era un atto politico più che un fatto economico.
Poi arrivò il grande salto commerciale tra il X e il XII secolo. Il prodotto della penisola aumentò di 4,5 volte, quello pro capite del 50-70%. E così per le città italiane che approfittarono del vuoto di potere imperiale, per gestirsi in modo libero (potremmo financo dire liberale...) il coniare moneta diventa esigenza di mercato, non più volontà di potenza. Genova comincia a emettere il proprio «denaro» nel 1138, Venezia nel 1184, Firenze tra XII e XIII secolo. Poi passarono al «grosso», una monetona d'argento per scambi di un certo rilievo. E quello del «grosso» fu un contagio che investì mezza Europa, tutti volevano fare gli italiani e coniarne uno. E poi arrivarono i «piccoli» per il commercio interno (ancora oggi in siciliano i soldi sono «i piccioli»). A quel punto la moneta da mezzo di scambio diventa anche merce, spuntano i banchi di cambio e poi le banche. Su cui Marzo Magno vi racconta tutto. Compresi i rapporti tra finanza e matematica (Luca Pacioli ha contribuito tantissimo allo sviluppo degli strumenti finanziari).

Chiudendo il libro - nelle ultime pagine l'autore ricorda come ancora a Londra al centro della City ci sia Lombard street - resta un il rimpianto per la capacità italica di stare dalla parte giusta dell'economia. Avevamo meno professori e più mercanti.

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