Quattro passi in giardino per pensare

«Vieni nel parco che si crede morto e guarda: lo scintillio di ridenti rive lontane, l’azzurro insperato delle pure nubi illumina gli stagni e i variopinti sentieri». Spira su questi versi scritti nel 1895 dall’aristocratico poeta Stefan George l’ultimo soffio di quel romanticismo tedesco che vide nel paesaggio la fonte perenne dell’ispirazione lirica. Natura incontaminata e natura antropizzata, bosco e giardino: i due luoghi della poesia. Ora che la natura è sotto assedio e il paesaggio è prevalentemente urbano, ritorna l’aspirazione a un luogo dove ancora confrontarsi con il mondo arboreo, archetipo della vita. La nuovissima collana della Bollati Boringhieri «Oltre i giardini» vuole rispondere a questa esigenza e anche, come annota la curatrice Michela Pasquali, «a una sensibilità per l’ambiente sempre più acuta e diffusa».
Questi piccoli libri possono diventare l’hortus conclusus in cui rifugiarsi quando l’estate diventa asfalto, rumore, folla. Ma non pensate a più o meno sofisticati manuali di giardinaggio: sono molto più filosofia che pratica. Fra i primi titoli usciti, Il bello di essere pianta del botanico francese Patrick Blanc (trad. Lucia Airoldi) ci immerge nei delicati equilibri dell’ecosistema e delle interazioni fra i vegetali e gli animali. La Quercia. Storia sociale di un albero di William Bryant Logan (trad. L.S. Borgotallo) racconta il rapporto fra questo albero millenario e l’umanità, fin da quando la ghianda fornì uno dei primi alimenti all’homo sapiens.

Ne Il giardino come spazio interiore Ruth Ammann (trad. Maria Anna Massimello), architetto e analista junghiana, coniuga la concezione reale di giardino come elemento naturale con quella simbolica di «giardino dell’anima».

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