Alzi la mano chi non ha sognato, almeno una volta, di fare l'agente segreto. Chi non ha desiderato come un novello James Bond di salvare il mondo tra una coppa di champagne e l'altra.
Sapete perché questo accade? Perché negli anni la letteratura di genere e il cinema si sono evoluti e ci hanno abituato ad avere una visione romantica di un mondo, quello dello spionaggio, che nella realtà è molto diverso.
I primi esempi di spy story risalgono agli inizi del Novecento, più o meno contemporanei alla nascita, in concomitanza con la prima guerra mondiale, dei servizi di intelligence. Se si escludono poche eccezioni, come La Primula Rossa di Emma Orczy, il successo del genere è però successivo al secondo conflitto mondiale. Sono di questo periodo capisaldi come Al di sopra di ogni sospetto e Assegnazione in Bretagna di Helen MacInnes. Con la guerra fredda la letteratura di spionaggio (diverso da come lo conosciamo oggi) ha avuto un improvviso boom: scrittori come Ian Fleming e John le Carré hanno gettato le basi per un genere che successivamente si è diffuso in tutto il mondo a macchia d'olio.
Per quanto riguarda l'Italia, la svolta vera e propria risale alla fine degli anni Cinquanta, grazie anche alla collana Segretissimo di Mondadori, che ha accompagnato i lettori con storie di spionaggio che spesso hanno punti di contatto sia con il giallo che con i libri di azione. Ed è proprio questa l'evoluzione a cui abbiamo assistito dalla fine degli anni Settanta in avanti: autori come Frederick Forsyth e Robert Ludlum prima e James Rollins e Daniel Silva dopo, hanno contribuito a scrivere le nuove regole del gioco. Poco alla volta si è passati dall'agente segreto in doppio petto alla spia sporca di polvere, che salta, rotola e spara. Si è passati da un'avventura in cui il fattore psicologico, il doppio e il triplo gioco la facevano da padroni, a storie in cui il lato dell'azione veniva mano a mano enfatizzato. E questo cambiamento è certamente stato influenzato anche dal cinema e dal progredire degli effetti speciali: esplosioni, salti acrobatici, inseguimenti mozzafiato sono diventati ingredienti fondamentali di quelle che da spy story pure si sono trasformate in thriller d'azione, prima che di spionaggio.
Tutto fino a Il Codice da Vinci, in cui un (allora) semi sconosciuto Dan Brown ha cambiato nuovamente le carte in tavola, dettando la linea che poi molti avrebbero seguito. Il protagonista qui non è più un agente segreto, in calzoncini o in doppiopetto che sia, bensì un uomo comune che si ritrova a dover svelare misteri in un susseguirsi adrenalinico di eventi. È con le avventure del personaggio Robert Langdon, portato magistralmente sul grande schermo dal duo Ron Howard / Tom Hanks, che i nuovi thriller che mescolano spionaggio, mistero e suspense hanno preso l'attuale piega.
I lettori hanno cominciato ad essere affamati di storie di questo tipo e gli editori li hanno assecondati, investendo su nuovi autori e rispolverando i vecchi. L'attenzione per il genere si è fatta via via più intensa, e la cosa interessante è che oggi assistiamo a un'ulteriore evoluzione, grazie soprattutto al fiorire continuo delle serie tv di genere. Fiction come Alias, Nikita, 24 o i più recenti Homeland e The Americans hanno aperto la strada, ripercorrendo il format di quello che era il feuilleton ottocentesco (con una spinta verso la serialità sempre più marcata). Anche l'editoria non è rimasta indifferente al fenomeno ed è proprio in quest'ottica che molti editori hanno cominciato a pubblicare storie seriali che non si esauriscono in un solo libro.
Sono nate vere e proprie saghe che tengono incollati alle pagine milioni di lettori: il fil rouge che le lega è quasi sempre lo spionaggio, legato a seconda dei casi ad altri ingredienti come il mistero, l'esoterismo, l'arte e l'azione. A volte, queste storie, sono ambientate in epoca moderna, altre nel passato, ed è questo il caso di Marcello Simoni ma questa è un'altra storia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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