
Eccoli, i veri conti di Conte. La pietra tombale sul Superbonus, la misura voluta dall'allora premier M5s Giuseppe Conte, la mette proprio la Corte dei conti: "Tra le cause dell'aumento del rapporto debito/Pil, salito al 135,3% ci sono i risvolti per cassa del Superbonus", dice il presidente delle Sezioni Riunite Enrico Flaccadoro.
Viene smentita la narrazione grillina del Superbonus come "moltiplicatore di Pil", rilanciata dall'Ufficio parlamentare di bilancio, secondo cui l'incidenza era stata di 200 miliardi in quattro anni. Secondo i dati del Tesoro tra il 2020 e il 2023, il bonus edilizio su 500.061 unità abitative (neanche il 5% del patrimonio nazionale) avrebbe generato investimenti per 116 miliardi, a fronte di una spesa di 186 miliardi (pari a 9 punti di Pil), con effetti redistributivi marcatamente regressivi per proprietari di case (favoriti soprattutto quelli di pregio) e benefici ambientali che secondo la Cgia di Mestre "compenseranno i costi finanziari sostenuti in quasi 40 anni". Ma queste e altre criticità che i cantori del Superbonus 110% - come il Fatto quotidiano - omettono di ricordare disegnano un quadro devastante. Secondo un recentissimo report Mef realizzato da Carlo Cignarella e Paolo D'Imperio, che hanno messo a confronto l'Italia e altri nove Paesi europei (Austria, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Portogallo, Spagna e Uk), circa il 38% della spesa superincentivata - vale a dire 70 miliardi su 186 - sarebbe stata affrontata anche senza i bonus edilizi. In gergo si chiama "peso morto", secondo Bankitalia sarebbe stato pari al 27%, secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio al 33%. Ovvero avremmo sprecato un euro su 4, o alla peggio su 2,5 se si escludono questi 70 miliardi dal conteggio costi/benefici. Al 31 maggio l'onere aggiuntivo a carico dello Stato è arrivato a oltre 126,356 miliardi ma lo sforamento rischia di schizzare fino 150 miliardi, con 220 miliardi di costi rispetto ai 71 previsti. Le colpe di questa voragine sono molteplici: una valutazione dell'impatto certamente sottostimata dalla Ragioneria di Stato, l'assenza di qualsiasi contrasto di interessi tra compratore e venditore, una cessione del credito allegra fin quando non è stata circoscritta, niente tetti di spesa, limiti Iee o legati al valore dell'immobile.
Il Superbonus non solo ha drenato spazio fiscale togliendo risorse ad altre misure, è stata una bolla anziché un volano di crescita sostenibile e duratura. I risultati? Costi di costruzione impazziti (+40%) per il boom di domande, una ricaduta negativa sugli appalti pubblici, condizionati dal record di cantieri. I lavori sono stati realizzati in tempi record e sotto pressione, con manodopera raccattata e frammentazione dei subappalti e un'impennata di infortuni. Dei 429mila posti di lavoro generati dal Superbonus pochissimi diventeranno stabili con la fine dello sgravio, in un comparto che secondo Prometeia è già "a bassa produttività, alta incidenza di lavoro irregolare e scarsa intensità tecnologica".
In più il blocco della cessione dei crediti ha paralizzato la liquidità di migliaia di imprese, che in molti casi ha portato alla sospensione dei cantieri o al fallimento. E quando scatteranno i controlli della Guardia di Finanza sugli immobili, per verificare la congruità tra i soldi spesi e le migliorie effettive, i calcoli saranno ancora più drammatici.