Ventimiglia, viaggio al confine della Storia

Negli anni Trenta, i clandestini erano calabresi col miraggio degli Usa. Poi venne il momento degli ebrei che fuggivano dalla persecuzione...

Ventimiglia, viaggio al confine della Storia

Eccomi qui a cavallo della doppia frontiera con la Francia, quella di sopra e quella di sotto, in vista di quel che rimane dell'accampamento dei migranti. Per la maggior parte sono passati al di là del confine e quelli che restano si sono organizzati con teloni colorati ancorati agli scogli e legati ai sassi. I carabinieri mi assicurano che tutto va bene e che la pace regna sulla frontiera. Quando passo la linea bianca che separa le due bandiere, vedo soltanto pochi poliziotti francesi che indossano una giacca di plastica gialla. Tutto normale, ma soltanto in apparenza. Al mattino è stata pubblicata la notizia dell'arresto di uno degli ultimi passeur , i mitici traghettatori di clandestini che per oltre un secolo hanno guidato esuli e profughi lungo i camminamenti difficili, le gole, oppure lungo le spiagge e gli scogli, o con le barche da un mare all'altro.

Ma il passeur arrestato non ha un nome provenzale, o francese o ligure. Ha un nome simile a quelli degli scafisti: un nordafricano che riesce a stipare nella sua macchina otto, anche dieci esseri umani, chiusi nel bagagliaio e sotto i sedili e che poi se riescono a farla franca escono dalla trappola con le ossa rotte. Dunque, se i passeur ancora lavorano e trasportano clandestini, vuol dire che la «sotto frontiera» invisibile e clandestina resta aperta, seguita a far sfruttare le sue vittime e a permettere ai mercanti di esseri umani di mettersi i tasca soldi per arrivare «dall'altra parte», come sempre si è detto da queste parti. L'«altra parte» è stata un sogno baluginante ma anche sanguigno per secoli, durante lo scorso secolo e quello presente.

E spesso è stata una trappola: «Negli anni Trenta del secolo scorso - mi racconta lo scrittore Paolo Veziano che ha appena ripubblicato Ombre al Confine (Fusta) sull'espatrio degli ebrei stranieri fra il 1938 e il 1940 - qui si era sviluppata una straordinaria industria che portava i calabresi alla frontiera promettendogli la partenza per gli Stati Uniti da Marsiglia. Poi questa gente mollava i calabresi sul suolo francese come profughi disperati». La storia è esemplare: Veziano racconta che la rete capillare che aveva organizzato la truffa disponeva di agenti in tutto il meridione e che vendeva a caro prezzo il «sogno americano». I meridionali si presentavano a centinaia, venivano portati «dall'altra parte» e lì erano abbandonati senza una parola, senza un soldo, senza un aiuto. Fu così che si formò il primo insediamento di calabresi sulla Costa Azzurra che ebbero un rapporto molto tempestoso con le autorità francesi, ma che alla fine furono lentamente assorbiti, sempre mantenendo un presidio a Ventimiglia su cui hanno spesso indagato i magistrati per connessioni mafiose e legami con la 'ndrangheta.

La frontiera di Ventimiglia ha avuto momenti di mistero e di gloria che la fanno somigliare alla Casablanca del «Rick bar» di Humphrey Bogart. E la questione degli ebrei in fuga o alla ricerca di protezione è un evento che dal 1938 al 1945 è stato centrale. Un po' di cronologia minima per non restare disorientati. Nel 1938 Adolf Hitler si annette l'Austria con l'Anschluss e una massa di austriaci ebrei esce dal Paese per mettersi in salvo dalle SS e dalla Gestapo. Quegli ebrei vennero in Italia, diretti in Francia. In quello stesso anno Mussolini varò le vergognose leggi razziali che estromettevano migliaia di italiani ebrei dalle professioni, dalla scuola e da alcune attività (per esempio dal giornalismo). E dunque in quell'anno terribile in cui già rullavano i tamburi della guerra imminente, migliaia di ebrei «stranieri» si installarono sulla riviera fra San Remo e Ventimiglia, tutti alla ricerca di un passeur o della mappa segreta dei passaggi segreti, come quella rintracciata da Veziano e disegnata minutamente da un certo Robert Baruch. La frontiera allora conobbe tutta la gamma umana dei tradimenti, delle malversazioni, delle speranze e anche dell'ingolfamento comico e spesso ridicolo della burocrazia fascista che non era particolarmente severa, ma arruffona. È possibile che Mussolini volesse usare quella massa di profughi come uno strumento di pressione per mandare in tilt i francesi.

Il momento del passaggio in Francia durò più o meno finché l'Italia non dichiarò guerra alla Franca, già battuta e invasa dai tedeschi. La frontiera era allora diventata tutta italiana e cominciò il movimento in senso contrario: gli ebrei francesi del regime di Vichy fuggirono in massa verso la zona di occupazione italiana dove le autorità militari avevano l'ordine di non concedere gli ebrei francesi ai tedeschi che volevano deportarli ad Auschwitz. Fu un braccio di ferro molto drammatico su quella frontiera, che diventò più acuto quando l'occupazione italiana si estese alla zona occupata di Vichy. Gli ebrei seguitavano ad affluire a Ventimiglia. L'armistizio dell'8 settembre del 1943 mise fine a tutte le speranze. I tedeschi occuparono le zone che erano state presidiate dagli italiani riuscendo a catturare e deportare migliaia di ebrei francesi.

I militari italiani della quarta armata che avevano protetto gli ebrei dai francesi, prima che dai tedeschi, salirono per la maggior parte in montagna.

Ma i sassi, le alture, i bar scolpiti nella roccia restarono e sono lì, e la demarcazione tra la Provenza ligure e quella francese mantiene la sua mappa a tela di ragno, a quinte mobili e passaggi antichi.

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