
Va bene. Ha perso Sinner, però hanno vinto Errani e Paolini, e poi negli ultimi sei Slam, in cinque abbiamo avuto almeno un italiano in una delle finali. Per questo dicono che bisogna prendere esempio dal nostro tennis, e tutti ci chiedono ogni volta che andiamo in giro quale sia il nostro segreto.
E allora: c’era una volta uno sport in cui gli allenatori pensavano ognuno a se stesso, la federazione era contro tutti nonostante i risultati zero (ma nessuno si dimetteva), i tennisti non vincevano quasi mai i tornei importanti e i giovani si sentivano già arrivati ancor prima di entrare nei professionisti, tanto erano riempiti di soldi da dirigenti, agenti e sponsor che si spartivano la torta. E in fondo, tanto, non c’erano neppure tante occasioni di misurarsi con quelli bravi: perché faticare?
Adesso invece c’è uno sport italiano nel quale i soldi sono serviti per investire su decine e decine di tornei grandi e piccoli che hanno alzato il livello, i tecnici migliori sono stati chiamati a lavorare insieme per unire le eccellenze, gli atleti hanno ricevuto un appoggio economico per poter migliorare tranquilli, la federazione ha aumentato il lustro degli Internazionali di Roma per farlo diventare un appuntamento imperdibile, e facendo così è spuntato il numero uno del mondo con dietro una serie di giocatori top a
getto continuo. Si vabbè, manca solo il tetto sul Centrale, ma quasi ci siamo.Insomma, la parte sotto spiega il segreto del tennis italiano oggi, quella sopra un modo maldestro di mandare tutto a pallone. Sempre oggi, però.