Sbatti l'arte in prima pagina. Niente a che vedere con l'ipotetico valore intrinseco dell'opera in sé, ammesso che di questo si possa ancora parlare. L'interesse, e di conseguenza lo scandalo, si ha se si parla di soldi, come nel caso dei recenti record d'asta, di sesso, di morte, oppure di provocazione, quando cioè l'artista è in grado di far parlare di sé e della propria impresa prima ancora che l'opera sia vista. Da questo punto di vista siamo ancora in pieno nella teoria postmoderna del simulacro, e l'arte italiana, avara di prove memorabili almeno negli ultimi decenni, ha puntato tutto sul gioco di epater le bourgeois con trovate, colpi di genio e battute di spirito tradotte in immagini.
Le nostre due superstar, uniche a essere adorate dal pubblico straniero, ovvero Maurizio Cattelan e Francesco Vezzoli, hanno davvero fatto corsa a sé, distanziando tutti gli altri e provando ogni volta a superarsi in quanto a sensazionalismo. Ora che Cattelan si è eclissato dalle cronache, Vezzoli domina incontrastato quel territorio dove l'arte si incontra col glamour, il museo con l'alta società, i curatori con il jet set internazionale.
Intendiamoci, non si tratta di fuffa, ma di una proposta che in buona parte ha della sostanza, un'indubbia genialità e un'incredibile faccia tosta. L'ex ragazzino bresciano, oggi 42enne, ascetico nell'aspetto ma tenace nel carattere, è sempre riuscito in imprese che ai più paiono impossibili: utilizzare nei propri lavori (video, film, performance...) divi di Hollywood e grandi intellettuali (gratis, sembra). Pare che riesca a convincerli proprio con il fascino dell'arte, la possibilità di diventare davvero immortali perché parte di un'opera da museo. Ha cominciato verso la fine degli anni '90 con una trilogia video incentrata sul ricamo, altra sua passione insieme al cinema, coinvolgendo attrici italiane di un'altra epoca, da Franca Valeri a Valentina Cortese. Ha convinto Marisa Berenson a calarsi nei panni di Edith Piaf e l'ex modella Verushka a presentarsi come un tableau vivant sotto i riflettori della Biennale di Venezia. Poi lo sbarco in America, il trailer di un ipotetico remake di Caligola, con tanto di orgia multisex, il format tv ispirato a Comizi d'amore di Pasolini, il kolossal sulla campagna elettorale americana fatto interpretare da Sharon Stone e Bernard Henry Levy. È riuscito a spogliare Eva Mendez e a convincere Roman Polanski a dirigere un breve spot per un profumo, ispirato a La belle Heleine di Marcel Duchamp.
Come riesca a ottenere tutti questi favori è un mistero. Si favoleggia di hotel a 7 stelle, di mazzi di rose e di ogni genere di conforto. Certo, contano le sue amicizie importanti, a cominciare da Miuccia Prada che lo adora e lo foraggia nelle imprese più costose. In ogni caso Vezzoli arriva dove vuole non solo grazie alla sua rubrica telefonica, ma in qualità di un talento immaginifico da fuoriclasse. In particolare ci piace quando tira fuori l'anima decadente e melò della cultura italiana, segno che se si vuol conquistare il mondo non bisogna perdere il rapporto con le proprie radici.
L'ultima avventura è un trittico di mostre (contemporaneo alla personale a Doha negli Emirati), Trinity, che si aperta mesi fa al MAXXI di Roma, per continuare al MoMA PS1 di New York nel prossimo febbraio e concludersi al MOCA di Los Angeles nella primavera 2014. Concepito come un unico indivisibile, la prima mostra aveva come tema il museo. Per la seconda, Vezzoli si è mosso in direzione del sacro. Dopo una lunga ricerca, peraltro annunciata in lungo e in largo dal suo potentissimo ufficio stampa, ha trovato a Montegiordano, un paesino della Calabria, il rudere di una chiesa privata, sconsacrata e non vincolata. La sua idea - smontarla e ricostruirla al PS1 - si è bruscamente interrotta al porto di Gioia Tauro, dove il container contenente le pietre è stato bloccato dalla denuncia del signor Paolo Franzese al Mibac, che a sua volta ha rimandato la questione alla Sovrintendenza ai beni architettonici della Calabria, che ha avviato la procedura di sequestro preventivo e inviato un avviso di garanzia nei confronti di Vezzoli per esportazione illegale di opere d'arte. La nostra legislazione prevede infatti la possibilità di esercitare il vincolo su beni che hanno più di 50 anni, indipendentemente dal valore che andrà comunque accertato.
«Ho scelto un rudere di una ex chiesa non vincolata, sconsacrata, pericolante e dimenticata da tutti, per farla rivivere in un'opera contemporanea che voleva essere una riflessione sull'odierno concetto di religiosità in uno dei più prestigiosi musei al mondo», dichiara Vezzoli al Giornale. «Improvvisamente, la Soprintendenza, che già conosceva il rudere, ha deciso, a demolizione terminata, di iniziare una procedura di vincolo, bloccando tutto. Indipendentemente dall'esito della procedura, i soli tempi della stessa rendono incompatibile l'uso del rudere per il mio progetto a New York, che sto quindi modificando». L'opera, infatti, sarebbe dovuta essere esposta accanto a un nuovo video con Jessica Chastain protagonista, incentrato sulla religione dei predicatori americani. Ma Vezzoli ha colto lo stesso nel segno, finendo in prima pagina sul New York Times e confermando, ancora una volta, che l'arte oggi è prima di tutto un simulacro, proprio negli stessi giorni in cui la rivista Flair gli dedica un numero speciale di 200 pagine, più di una Lady Gaga qualsiasi.
C'è però un altro dato. Vezzoli mette il dito nella piaga della gestione dei beni artistici in Italia, un Paese che straborda di rovine, dove Pompei cade a pezzi e mantenere in vita tutti i reperti è pressoché impossibile.
Se è vero che la chiesa è stata demolita legalmente, chi pagherà ora la sua ricostruzione? Ed è mai possibile che, avendo lui esposto al MAXXI, fondazione dipendente dal Mibac, nessuno lo abbia messo in guardia dai rischi, anche legali (se riconosciuto colpevole, rischia una condanna a 4 anni), di un'operazione simile? Se fosse un film non ci resterebbe che fare i complimenti allo sceneggiatore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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