Gli schizzi sul taccuino: è l'Italia osservata da vicino. L'immersione nella calca della stazione Termini, l'ingresso nelle gelaterie di Torino, la sosta davanti al display della farmacia Morelli di Campo San Bartolomeo a Venezia. I risultati sono sorprendenti e qualche volta i luoghi comuni, quelli in cui tutti noi abitiamo come in comode case, vengono spazzati via dall'occhio critico. Certo, Aldo Cazzullo, grande firma del Corriere della sera, ha girato in lungo e in largo l'Italia e non ha avuto paura di confrontarsi con la realtà quotidiana, quella perennemente in bilico fra cartolina dal cielo azzurro e piagnisteo sul decadimento del Paese, traendone tante immagini fresche, sorprendenti, a loro modo inedite. L'Italia s'è ridesta (Mondadori) s'intitola il libro che accompagna il lettore come un navigatore nei problemi, nelle eccellenze, nei sogni delle nostre città.
Si comincia, almeno noi, dalla capitale. E basta scendere dal treno per rimanere folgorati dalla descrizione di quel che aspetta il viaggiatore: «La stazione Termini è forse l'unica al mondo in cui non ci sono le file di taxi in attesa dei clienti, ma le file degli aspiranti clienti in attesa dei taxi. Che mancano. Sempre, la domenica sera. Spesso nelle ore di punta». Non c'è retorica in questo racconto, c'è invece lo sguardo severo, ma mai cinico, dell'inviato. Che dopo qualche riga offre un altro quadretto feroce: «Al Cairo nessuno si veste da faraone per i turisti, neppure alle piramidi. A Pechino nessuno si veste da mandarino, nemmeno nella Città Proibita. A Roma invece ci sono i centurioni al Colosseo. Con la scopa in testa, l'armatura finta, la daga di plastica. Ma pesante e dolorosa, come hanno verificato i poveri vigili che periodicamente tentano di cacciarli». Si potrebbe andare avanti per pagine e pagine, ma le due punture di spillo sono sufficienti per restituirci lo spartito di una metropoli. La sua cifra. In qualche modo, anche la sua anima.
Ci sono città rimaste ferme in un folklore che sa di muffa. E altre che hanno allungato il passo, si sono reinventate una seconda vita. Come Torino. Dove Cazzullo si fionda nella rivendita di Federico Grom, «l'uomo che ha avuto un'idea semplicissima, talmente semplice che non l'aveva mai avuta nessuno: brevettare il gelato». E farne un marchio «riproducibile, esportabile, replicabile in migliaia di altri negozi, tutti con lo stesso nome». Sembra una di quelle storie del made in Italy che una volta ci riempivano d'orgoglio e oggi ci paiono roba da custodire nei diorami della nostra memoria. E invece la storia di Grom è attualissima, tant'è che persino il Pdl, nelle sue convulsioni, ha guardato a questo ragazzo per immaginare un futuro che tarda ad arrivare: «La prima gelateria aprì a Torino, nel maggio 2003. Ora Grom è in altre 33 città italiane, oltre che a New York, Parigi, Tokyo, Osaka, Malibù. I primi soci, Grom e Guido Martinetti, di mestiere enologo, misero 32.500 euro a testa, e se ne fecero prestare dalle banche altri 60 mila. Nel 2009 hanno fatto 16 milioni di fatturato». E così i cultori del disfattismo italico, quelli che sfuggono alla responsabilità esibendo la lacrima intrisa di nostalgia, sono sistemati. A colpi di deliziosi ingredienti: «Il gelato si fa con il limone sfusato amalfitano, il pistacchio di Bronte, le uova biologiche e pure l'acqua di montagna, attinta alle fonti di Roccaforte Mondovì».
Non si tratta di spruzzare ottimismo sulle nostre meschinità, ma di ragionare dei tesori su cui siamo seduti e che spesso ignoriamo. Il gusto. La storia. La civiltà. Il paesaggio. La creatività. Certo, il display di Campo San Bartolomeo, aggiornato alla primavera 2012, dice che la popolazione residente a Venezia si è assottigliata fino a 58.855 persone. E non basta perché Cazzullo appallottola la solita immagine gaudente, maschere e coriandoli, e insegue un corteo livido di fantasmi: «Il silenzio notturno, le finestre sbarrate, i palazzi fatiscenti accanto a quelli recuperati dai miliardari che magari ci vengono una settimana l'anno». È vero, non esistono ricette magiche, ma i personaggi luminosi, le storie positive, gli esempi di chi ce l'ha fatta ci mostrano un Paese che non è rannicchiato nel proprio declino.
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