Zweig svela tutti i demoni di Nietzsche

«Mi si comprenderà dopo la prossima guerra europea». Detto, fatto. Nel 1925 Stefan Zweig pubblica Der Kampf mit dem Dämon, la trilogia di saggi dedicata a La lotta col demone di tre tedeschi anti-tedeschi: Hölderlin, Kleist e, appunto, Nietzsche. Quel Nietzsche che annunciava il limite post quem sarebbe stato compreso. La «prossima guerra europea» era terminata da sei anni e spiccioli ed ecco il primo che viene a bussare all'indirizzo giusto. Zweig, nella sezione dedicata al filosofo più a-sistematico della storia, dimostra d'averlo compreso in tutto e per tutto. Le ombre informi del nazismo già si agitano nelle coscienze germaniche, e già hanno messo gli occhi sulla poetica dottrina dello Zarathustra europeo, arruolandolo in vista di una nuova guerra riparatoria della precedente. Benché lui, il diretto interessato, si sia espresso contro «il nazionalismo del bestiame cornuto» e contro la divisione a mano armata del grande popolo europeo. E benché l'altro, il suo grande interprete e interlocutore postumo, l'austriaco Zweig che forse sente in anticipo aria di annessione, non gli sia da meno.
Soltanto un quarto di secolo è trascorso dalla morte di Nietzsche e qui troviamo tutto della sua personalità e del suo pensiero. Ciò che verrà dopo potrà valere soltanto come corollario erudito e bibliografico, filologico ed événementiel, direbbero i francesi. Il demone di Nietzsche, estrapolato dall'editore Medusa dal magico tris e ora riproposto (pagg. 98, euro 13, traduzione - rivista - di Aldo Oberdorfer) è una lezione sull'«aeronauta dello spirito», congedatosi dal mondo della ragione dopo il fecondissimo autunno del 1888. Come Gulliver «vive assediato sempre dalla brulicante folla pigmea dei suoi dolori». Soltanto Dostoevskij, altro esperto in demoni, più o meno negli stessi anni, dice Zweig, «ha la stessa chiaroveggenza di nervi», «ma è a sua volta inferiore a Nietzsche per veridicità». Il cantore del Superuomo è distante sia dalla composta, classica serenità di Goethe, sia dalla fedeltà «monogamica» al pensiero che caratterizza Kant, Schelling, Fichte, Hegel e Schopenhauer.

Soltanto dopo l'approdo alla solare chiarezza del Mediterraneo, alla sua serenità climatica, si sentirà finalmente a casa. «Il mio genio è nelle mie narici», esulta. «Ubi pater sum, ibi patria». È spuntata la sua Aurora.

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