Politica

Una cura choc per la Ue

I politici europei si distribuiscono su tre cerchi. Nel primo cerchio stanno quelli che non hanno capito. Nel secondo cerchio stanno quelli che hanno capito i nuovi problemi, ma pensano di superarli usando ancora strumenti vecchi. Nel terzo cerchio stanno infine i politici che non solo hanno capito i problemi nuovi, ma anche pensano di risolverli usando strumenti nuovi.
In Europa abbiamo già fatto molte e anche serie riforme strutturali del Welfare State. Non basta. Ora dobbiamo guardare soprattutto ai fattori della produzione.(...) Un nuovo programma europeo può essere sviluppato su sette punti. Più una «provocazione».
•Primo punto: primum vivere!
L'Europa deve guadagnare tempo, per ristrutturarsi. Come minimo, l'Europa deve fare come fanno gli Usa, che si preoccupano soprattutto della tutela dei loro interessi economici.
Se non basta (non basta), in materia di protezione del lavoro e della produzione l'Europa
- deve (può) smettere di applicare regole solo sui prodotti delle imprese europee, senza chiedere standard equivalenti su quelli importati da fuori;
- deve (può) pretendere l'applicazione universale delle «clausole sociali» e delle «clausole ambientali» a tutela del lavoro e dell'ambiente. È in specie essenziale pretendere l'allineamento tra circolazione delle merci e tutela dei diritti;
- deve (può) introdurre un'Iva perequativa sulle importazioni dai Paesi che producono in violazione di queste regole.
Se non basta (basta) l'Europa può, in analogia alle prescrizioni delle leggi Usa di attuazione degli Accordi del Gatt/Wto, prospettare la sua uscita unilaterale se l'applicazione di quelle regole può arrecare un serio pregiudizio o reiterare restrizioni all’operatività delle imprese europee.
•Secondo punto: codici europei
Sulle imprese e sul lavoro, sulle società e sui prodotti europei incide, per ragioni insieme ideologiche, politiche, economiche, un elevatissimo quantum di regolamentazione e dunque di costi. Quasi sempre artificiali o comunque non più sostenibili. Non è così, nel resto del mondo. Ciò che ne deriva per l'Europa non è competizione a parità di condizioni. È l'esatto opposto.
Non si può più ragionare «Europa su Europa». Non si può pensare o pretendere che sia il resto del mondo a adottare le regole europee. L'Europa deve (può) rinunciare al disegno di una società perfetta e di un mercato perfetto. Il benessere non si crea per legge. Piuttosto, per legge lo si può distruggere.
In senso quantitativo, dobbiamo ridurre la quantità assoluta della nostra regolamentazione, europea e nazionale.
Le regole fondamentali sono un investimento. Ma le regole artificiali sono un costo.
In senso qualitativo, dobbiamo essere meno utopisti e più realisti.
Ne uscirà il disegno di un mercato e di una società forse meno perfetti, in astratto; ma più efficienti, in concreto.
Per competere serve infine una nuova e malthusiana politica legislativa. Il corpus giuridico europeo non può essere esteso ogni giorno. Ma all'opposto deve essere ridotto all'essenziale necessario, attraverso un'opera di codificazione dei testi giuridici fondamentali. E basta.
•Terzo punto: attrazione di capitali esterni
L'Europa deve (può) generalizzare il modello dell'Irlanda: tassazione zero (o di assoluto favore) per i nuovi investimenti esteri operati in settori industriali e in aree geografiche strategici per lo sviluppo.
•Quarto punto: emissione di Euro-bond
Possiamo (dobbiamo) incassare il dividendo di Maastricht, capitalizzando e sfruttando la forza patrimoniale e la fiducia raccolta ed espressa dall'euro sui mercati finanziari.
Ai limiti imposti sulle politiche di bilancio nazionali dal Trattato di unione monetaria può (deve) corrispondere un piano europeo di investimenti pubblici e privati in settori strategici per lo sviluppo, finanziati da emissioni europee di Euro-bond. Riprendendo e aggiornando lo schema del cosiddetto «Piano Delors».
Solo così, con una nuova e vasta spinta allo sviluppo industriale, possiamo riprendere a competere nel mondo.
Per realizzare questo programma può essere sufficiente una diversa interpretazione e applicazione dei vecchi strumenti giuridici. O può essere necessaria la creazione di strumenti nuovi.
Non è questo e non può essere questo un ostacolo, data la dimensione drammatica dei problemi che abbiamo. Con una specifica finale: gli Euro-bond non sarebbero solo uno strumento finanziario, sarebbero soprattutto uno strumento politico. Qualcosa di nuovo, qualcosa di «europeo». Anche gli Stati Uniti d'America partono con il debito pubblico di Hamilton.
•Quinto punto: una politica industriale europea
In Europa, la politica industriale o è europea o non è. L'Europa deve fermare l'uso indiscriminato dei suoi strumenti anti-aiuti di Stato e anti-trust. Questi vanno usati solo contro i sussidi puri e contro i cartelli veri. Non contro le operazioni che fanno crescere le industrie e il mercato europeo.
•Sesto punto: spostare l'asse del pre-

lievo fiscale, dalle persone alle cose
Viviamo nell'età del consumismo, ma continuiamo ancora a pagare le imposte dell'idealismo. Le imposte personali.
Si può dunque (si deve) spostare l'asse del prelievo fiscale, dalle persone alle cose. Solo così infatti i sistemi fiscali possono tenere, nell'età della globalizzazione. Questa filosofia politica, esposta da chi scrive per la prima volta in sede tecnica nel 1991 e poi esposta in sede politica nel 1994, è ora necessaria. Ma ora è possibile solo su scala e nella dimensione europea.
•Settimo punto: una politica demografi-
ca europea
Una quota non simbolica del bilancio europeo deve essere dirottata sulle famiglie e sulla società.
Deve (può) essere introdotto un «libretto» europeo, che funzioni come una dote per i neonati, per intervenire (nei limiti di ciò che è possibile per scelta politica) sulla natalità e dunque sulla demografia. E poi ancora una detax (simile per esempio al nostro 8 per 1000) a favore del non-profit e della ricerca scientifica.
Infine, la «provocazione». L'Europa, tanto a livello di singoli Stati, quanto a livello aggregato, è soffocata da un eccesso di regole. (...) E allora? Come imprimere all'economia europea il necessario effetto-spinta? Finora è quasi tutto vietato, tranne ciò che è consentito, ma può essere comunque a sua volta vietato. Salvo solo la fuga nel nero o nel sommerso. Questo schema va rovesciato. Come? Prevedendo che in Europa per cinque anni ogni iniziativa economica è libera, escluso solo ciò che è vietato dalla legge penale.


Per avere un pezzo di futuro dobbiamo rinunciare a un pezzo di passato.
*ministro dell’Economia

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