«Dai mercati generali a quelli rionali «il prezzo raddoppia»

Ettore Scacciafratte, responsabile del gruppo Gagliardi, gira tra casse di ortaggi impilate l’una sopra l’altra, tenendo nervosamente in mano una penna. Lavora ai mercati generali da una vita e per aiutarci a capire meglio come mai tanta gente sceglie di rifornirsi direttamente al centro agroalimentare fa una carrellata dei prodotti in vendita, soffermandosi su ciascuno con la punta della biro, come fosse un direttore d’orchestra che con l’ausilio della bacchetta coordina i propri musicisti. Iniziamo dai pomodori ciliegino: «Questi li ho comprati a 1,45 euro al chilo e li vendo a 1,75 - spiega - mentre al supermercato possono arrivare a costare fino a 3 euro». I carciofi romani di Ladispoli stanno a 50 centesimi l’uno. I peperoni rossi vengono 2 euro al chilo. I pomodori Melinda ne costano 4. L’insalata cappuccina non supera i 30 centesimi. Questo domenica scorsa. Sul tragitto verso la Capitale i prezzi però sono destinati a lievitare. «Generalmente viene applicato un rincaro dell’80 per cento, se non addirittura del 100 per cento». Rispetto al prezzo stabilito in partenza dal produttore, il consumatore finale rischia dunque di pagare il doppio. Del resto, la strada che separa il contadino dai supermercati di città è lunga e costellata di tappe e a ogni tappa si aggiunge qualcuno che da questo travaglio deve trarre il proprio guadagno. Così, un poco alla volta, un centesimo dopo l’altro, la cifra sale e il costo della frutta e della verdura si fa sempre più salato. «Quando accompagno mia moglie al supermercato e vedo a quanto sta un semplice pacco d’insalata mi prende uno spavento», racconta Ettore. A chi la domenica mattina non ha tempo né voglia di andare fino al mercato ortofrutticolo di Guidonia consiglia di fare la spesa nei mercati rionali. «Lì la concorrenza tra i banchi è viva e i prezzi sono competitivi». Occhio però ai piccoli tranelli. Il prezzo della frutta e della verdura varia in base alla zona di provenienza: i pomodori pachino, per esempio, arrivano dalla Sicilia sud-orientale, eppure accade spesso che anche quelli coltivati altrove vengano spacciati per essi. Lo stesso vale per i carciofi romaneschi: quelli cagliaritani non sono la stessa cosa ma hanno lo stesso prezzo.

«Ai consumatori non posso che suggerire di guardare sempre le informazioni riportate sulla cassetta - predica Ettore - dove si specifica il lotto di produzione e l'area geografica di appartenenza». Soltanto così è possibile distinguere l’originale dal facsimile, evitando di cadere in inganni di sorta.

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