Giornata di successi per i ricercatori milanesi. Sia per quelli delluniversità degli Studi, sia per la Cattolica. Raffaella Scorza, dellateneo di via Festa del Perdono, ha firmato, assieme ad alcuni colleghi romani, un articolo sul Annals of the Rheumatic Diseases sullinterruttore genetico che rende ancora più «feroce» il lupus, una malattia autoimmune che colpisce prevalentemente il sesso femminile. Questo interruttore è come il pedale di accelerazione dellauto e attiva una serie di geni che amplificano la risposta immunitaria tipica della malattia. Il risultato è che le cellule immunitarie impazzite che producono gli anticorpi patologici attaccano il corpo del paziente invece di difenderlo. «La scoperta - spiega Gianfranco Ferraccioli, ordinario di Reumatologia e responsabile dellUnità operativa di Reumatologia, Cic dellUniversità Cattolica Policlinico Gemelli di Roma - potrebbe condurre a nuove terapie più mirate contro questa complessa malattia, in particolare contro i casi più gravi e meno gestibili».
Da Milano arriva anche un altro importante passo avanti nella lotta contro lAids. Una ricerca, condotta da Mara Biasin, immunologa del Dipartimento di scienze cliniche Luigi Sacco delluniversità degli Studi di Milano, e Manuela Sironi dellIrccs Medea, e coordinata da Mario Clerici della Statale meneghina e della Fondazione Don Gnocchi, mette un tassello importante nel puzzle della ricerca sullHiv. In uno studio pubblicato dal Journal of Immunology si dimostra come si può essere immuni al virus dellAids grazie al Dna: di fatto alcuni dei fattori genetici sono in grado di dare resistenza allinfezione. Lesposizione al virus dellimmunodeficienza umana non si concretizza necessariamente in uninfezione. Esistono infatti persone che, nonostante ripetute esposizioni al virus non siero-convertono, non presentano i segni clinici della malattia.
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