da Torino
Lo scorso 27 gennaio, dopo avere pareggiato in casa contro la Lazio, Urbano Cairo, presidente del Torino, disse chiaro e tondo: «Novellino non si tocca e, soprattutto, De Biasi non si siederà mai più sulla panchina granata». Una ventina di giorni fa lo stesso De Biasi, diventato nel frattempo allenatore degli spagnoli del Levante, non aveva escluso la possibilità di tornare sotto la Mole «ma certo non con questa dirigenza». Bene: da ieri, Gianni De Biasi ha preso il posto di Walter Novellino sulla panchina granata. Dimenticato tutto. Azzerato.
«Evidentemente ci amiamo, visto che ci sposiamo per la terza volta» hanno provato a scherzare i due. I quali, in effetti, hanno dato vita al terzo matrimonio: il primo era stato celebrato nell'estate 2005, la più tormentata della storia granata, quando la società di Cimminelli fallì e Cairo la comprò in quattro e quattr'otto ripartendo dalla serie B. Poi, dopo l'esonero avvenuto pochi giorni prima del via al campionato successivo e nonostante la trionfale promozione, De Biasi venne richiamato per sostituire Zaccheroni: 26 febbraio 2007, Toro reduce da sei sconfitte consecutive e in piena zona retrocessione. Arrivò la salvezza con una giornata di anticipo, ma l'impresa non fu ritenuta sufficiente per garantirgli la conferma: «Quando le cose vanno bene, ci mettiamo a litigare e non si sa il perché», hanno detto ieri. Toro quindi a Novellino, con progetti di grandeur. Pure troppa, dato che la campagna acquisti estiva è stata impostata dal solo presidente, con il tecnico nascosto nellombra. Proprio ieri Novellino ha prima sottolineato questo aspetto, «un errore accettare una squadra non mia», quindi ritrattato le proprie affermazioni, «mi sono lasciato bene sia con il presidente che con i giocatori, quindi non ho nessuna polemica da aprire». Si cambia, allora. E si torna a De Biasi, «il nostro Ferguson, ma a rate...».
I tifosi assistono, più o meno increduli: ieri per Cairo c'è stata quasi indifferenza, il che stona con i bagni di entusiasmo che decisioni analoghe avevano fruttato. «Mi auguravo di non dovere cambiare di nuovo allenatore - ha spiegato il numero uno della società -. Non mi aspettavo una stagione così difficile, ma il calcio è questo ed evidentemente non è facile raccogliere i frutti di tanto lavoro. Adesso pensiamo positivo, tutti insieme».
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