Cultura e Spettacoli

De Niro e Clooney, le sorprese ad effetto

Michele Anselmi

Tranquilli: come anticipato dal Giornale, la sorpresa promessa da Veltroni ci sarà. Forse pure doppia. Alla torrenziale conferenza stampa di ieri, Goffredo Bettini, che poi è il vero direttore della Festa, vi ha alluso più volte, con l'aria furbetta di chi tiene in caldo la notizia per farla brillare al momento giusto. Sulla presenza di Robert De Niro non paiono più esserci dubbi: il suo festival newyorkese, il Tribeca, è gemellato con Roma, volete che non onori l'amicizia portando un antipasto del suo nuovo film The good shepherd? Vedrete che alla fine verrà anche George Clooney, certamente senza film (The good german è prenotato dalla Berlinale 2007): diciamo in veste di star democratica, di italiano ad honorem, di ospite d'onore di un cine-party che lo invoca come ciliegina sulla torta. Che altro dire? Good night, and good luck.
FEMMINE. «La Festa è femmina», annota e teorizza Piera Detassis, curatrice della sezione Première nonché direttrice del mensile Ciak. L'ovazione scatta immediata nella sala Sinopoli, ricolma di procaci, ancorché agitate, pierre e di qualche donna famosa. Look informale per le due lady più in vista. Isabella Rossellini, con caschetto di capelli alla Louise Brooks, indossava una casacca militare verde, in stile maoista, su pantaloni neri larghi e scarpe basse. Very minimal. Barbara Palombelli, invece, era vestita di jeans dalla testa ai piedi, con stivali a vista sui pantaloni attillati.
INGORGO. Mario Sesti, uno dei quattro direttori della Festa (si occupa dell'evento Sean Connery, dell'Actors Studio story e delle varie iniziative legate al lavoro dell'attore), non vuole sentir parlare di rivalità con gli altri festival, tanto meno con la Mostra. Sostiene che è un falso problema, gonfiato ad arte dai cronisti per mettere zizzania (e allora come la mettiamo con le uscite di Müller su Roma fatta con «gli scarti» veneziani?). Rispondendo a una domanda di Simonetta Robiony, ha spiegato, visibilmente scocciato: «L'ingorgo dei festival riguarda cento persone in tutto il mondo. Noi ci rivolgiamo al pubblico vero». D'accordo, però se stai sul mercato e vuoi dirti internazionale, a qualcuna di quelle cento persone dovrai comunque rivolgerti. O no?
CROFF. In elegante gessato blu, Davide Croff s'è beccato addirittura un applauso quando Bettini, dal palco, l'ha ringraziato «per averci onorato con la sua amicizia e la sua presenza». Veltroni s'è spinto ancora più in là, ricordando che «Venezia e Roma si danno la mano con rispetto e amore reciproco». Crederci? Croff intanto guardava alla sua sinistra, dove sedevano in fila Veltroni, Gasbarra e Marrazzo, cioè Comune, Provincia e Regione. Al Lido sarebbe pura fantascienza.
VOLEVANO BORAT. È partito un «Bravi!» dalla platea dei giornalisti quando Teresa Cavina ha annunciato che tra gli eventi speciali figura Borat di Larry Charles, il cui titolo completo recita: Cultural learnings of America for make benefit glorious nation of Kazakhstan. Trattasi di un «mockumentary» politicamente scorretto, cioè di finto documentario di taglio satirico, nel quale il comico inglese Sacha Baron Cohen si diverte a incarnare un giornalista kazako spedito negli Usa per servizi sull'american way of life: solo che, invaghitosi di Pamela Anderson, trascurerà il proprio impegno professionale. Il film, distribuito dalla Fox e mal digerito dalle autorità kazake perché descriverebbe i cittadini di quel Paese come «accalappiazingari», antisemiti e puttanieri, è già diventato per il Foglio la vera attrazione della Festa. Tanto da meritarsi un riquadro in prima pagina, su fondo giallo, intitolato: «Volevamo Borat, avremo Borat». Ultima riga del messaggio: «Grazie, Walter».
DJ. Sarà Jovanotti il disc-jockey d'eccezione ingaggiato per il festone finale allo Studio 5 di Cinecittà, quello dove girava Fellini. Atteso Benigni.

Siccome la Festa è povera, il ministero contribuirà con 350mila euro.

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