Massimiliano Scafi
da Roma
Pochi convenevoli, nessun giro di parole. Gianfranco Fini arriva subito al dunque: «Vedi, Francesco, noi siamo con te. Ti crediamo e ti difendiamo. Però la situazione è diventata insostenibile. Per il bene della coalizione, e soprattutto per quello del partito, tu adesso devi fare qualcosa. Capisci, tra un mese si vota e la moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto». Francesco Storace capisce e molla la presa: «Hai ragione, Gianfranco, non cè altro da fare. Mi dimetto». Il ministro della Salute si arrende così, dopo 36 ore di tenace resistenza. La freddezza degli alleati, le scarne e prudentissime parole del premier, limbarazzo crescente persino dentro An. E ora il faccia a faccia finale con Fini, che non gli lascia molti margini di manovra: resistere non solo è inutile ma forse pure dannoso. Meglio cambiare trincea, meglio fare un passo indietro per ridurre il danno alla Cdl ed evitare ripercussioni elettorali sul partito. «Ho il diritto di difendermi e il dovere di sottrarre la mia comunità politica e il governo dalle strumentalizzazioni», queste infatti le parole con cui firma in un comunicato la sua resa.
Epurato lEpurator. La battuta fa presto il giro dei palazzi romani. Quando esce dallincontro, Storace è commosso: «Quello con Gianfranco è stato uno dei colloqui più belli della mia vita, i veri valori si vedono in questi casi». Ma lo scambio didee con Fini è solo la formalizzazione di una decisione nellaria già da diverse ore. Prima i segni del crescente nervosismo degli altri partner, che cominciavano a considerare Storace una «palla al piede» nella volata verso il voto: deve andare via o il governo rischia. Poi qualche contatto informale con il Quirinale, dal qualche filtrava una certa «preoccupazione». Poi ancora le pressioni di Alessanda Mussolini: «O lui o io. O isolate le mele marce o sarete tutti coinvolti. Alla luce di quanto è successo, laccordo con Berlusconi lo rifarei solo se non ci fosse An». Infine gli impacci e i malcontenti pure dentro il partito, già turbato per i casi di Alemanno e Moffa. A metà mattinata non si trovava nessuno di An disposto a un confronto su Sky tv con la Nipote: alla fine è toccato al sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica sottoporsi a quelle mediatiche forche caudine.
La ferita con Alternativa sociale può contagiare tutto il centrodestra. Da qui le dimissioni: necessario, obbligatorie, veloci. Subito dopo, ecco un diluvio di dichiarazioni di apprezzamento di sostegno. A cominciare dal ministro degli Esteri: «Storace ha dato a tutti una lezione di moralità politica. Ha dimostrato che esistono ancora uomini per i quali lonore è più importante dei privilegi ministeriali e delle relative immunità, Alleanza nazionale è orgogliosa del suo comportamento. Adesso pretendiamo la verità». Insomma, aggiunge, «una lezione di moralità, nel rispetto dello stile che caratterizza la destra: in altri tempi i politici non si dimettevano, non solo quando erano raggiunti da un avviso di garanzia, ma anche di fronte ad altri più pesanti provvedimenti giudiziari». Un gesto, dice ancora Fini, inevitabile: «Francesco si è fatto da parte per evitare strumentalizzazioni e speculazioni sulla vicenda. Potrà difendersi ed evitare la gogna politica al governo e alla coalizione. Storace è vittima di un sospetto tanto assurdo quanto infamante. Sono accuse indegne, anche perché nessuno glielha mai contestate. Noi siamo, però, del parere che la moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto, e quindi Storace ha fatto bene».
Ora la spy story sbarcherà pure in Parlamento. In aula? O soltanto in commissione? «Siamo a Camere sciolte, ma chi ha interesse a fare chiarezza su questa faccenda siamo proprio noi - spiega Ignazio La Russa - , però non vogliamo nemmeno offrire una cassa di risonanza alla demagogia della sinistra. Vedremo. Cercheremo di trovare un punto dincontro tra la nostra voglia di trasparenza e il desiderio loro di suonare la grancassa. Ricordiamoci che siamo di fronte a una colossale calunnia».
Domenico Nania si lamenta «perché abbiamo perso un ministro capace», un sacrificio necessario per «la causa comune». Mario Landolfi parla di «gesto nobile e responsabile» e rinnova «la fraterna amicizia e la incondizionata solidarietà». Maurizio Gasparri di «decisione coraggiosa». Gianni Alemanno di «grande generosità». Alfredo Mantovano di «limpida dimostrazione di responsabilità istituzionale». Altero Matteoli di «una lezione di stile che dovrebbe essere apprezzata da tutti».
Restano diversi cocci. Il più grosso riguarda i rapporti con «lalleata» Mussolini, che continua cannoneggiare An. «Quanto da lei dichiarato merita solo il nostro disprezzo», commenta il portavoce Andrea Ronchi. Ma la guerra continua.
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