Daniele Petraroli
La prima immagine che si cattura, arrivando davanti al Residence Roma, è quella di una pattuglia di carabinieri che ferma un ragazzo di colore per un controllo. «Il maresciallo conosce tutti quelli che abitano lì dentro - spiega la guardia giurata della Banca di Roma di fronte - e ha visto subito che quel ragazzo era nuovo. È ordinaria amministrazione. In due anni che sono qui ho visto di tutto. Accoltellati, risse, retate. È una terra di nessuno».
A sei mesi dallo sgombero parziale e dai proclami dellamministrazione Veltroni, quindi, la situazione del Residence Roma è persino peggiorata. Sono ancora una dozzina le famiglie italiane imprigionate allinterno delle 2 palazzine (la «A», dove in maggioranza si trovano ragazzi senegalesi e la «B»). «Non ne possiamo più - racconta Valerio, 52 anni dal 1988 in via di Bravetta - le condizioni di vita sono impossibili. Abbiamo paura a uscire di casa per via dei nomadi. Inoltre dalle sette di sera vengono fuori i topi che riempiono letteralmente gli ingressi dei palazzi».
Salendo per le scale della palazzina B il tanfo è insopportabile, sacchi di immondizia sono gettati ovunque e i vetri delle finestre sono tutti rotti. «La notte il cortile diventa una specie di casbah - continua Valerio - si mettono con dei banchetti a vendere di tutto. Bibite e sigarette soprattutto. Quando invece rientriamo nelle palazzine rischiamo la vita. Specialmente i senegalesi della A sono abituati a gettare limmondizia dalle finestre».
Intanto i lavori dei tre residence già sgomberati («C», «D» ed «E») proseguono. Di uno sono state demolite completamente le mura esterne. Ne resta solo lo scheletro, degli altri due, invece, bisogna ancora smantellare gli appartamenti degli occupanti. «Siamo stati abbandonati da tutti - spiega Betti, 41 anni che vive con un figlio di 15 tra queste mura dal 1993 - Nessuno ci dà informazioni. Abbiamo chiamato Comune, municipio e Carabinieri e, paradossalmente, sono stati questi ultimi a chiederci quando ce ne saremmo andati. Evidentemente non interessiamo a nessuno. Vorremmo solo sapere quando ci porteranno via e dove andremo». Martedì lultima, spiacevole, sorpresa per Betti. «Ero a fare la spesa quando sono arrivati dei poliziotti in borghese che cercavano un ucraino ricercato, pare, per omicidio. Conoscevano il piano ma non lappartamento così, poiché non cera nessuno in casa, hanno buttato giù la porta. Sono rimasta due giorni in casa senza chiudere occhio con la paura che potesse entrare qualcuno e rubarmi tutto».
Sapere quante persone abitino allinterno del Residence Roma è impossibile. La stragrande maggioranza sono stranieri: romeni, polacchi, arabi, senegalesi, molti di loro sono clandestini.
Il futuro per gli italiani del Residence appare incerto.
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