Maria Vittoria Cascino
Fascicoli pesanti. E non solo per la quantità di documenti stretti l'uno all'altro. Dentro ci sono gli eccidi compiuti dai partigiani dopo il 25 aprile '45. Dentro ci sono le testimonianze raccolte dallo storico Marco Pirina. Dentro ci sono ragioni che sfuggono alla logica. Dentro c'è la segreta speranza che il tribunale militare della Spezia trovi un appiglio per dichiararne la competenza. Che al momento il procuratore Marco De Paolis non ravvisa. «Abbiamo ricevuto un esposto, lo abbiamo iscritto e adesso stiamo esaminando i corposi fascicoli - spiega il magistrato -. La documentazione è articolata, da estratti di pubblicazioni a testimonianze. Pirina è uno storico e ha raccolto da storico questo materiale. Le procedure nostre rispondono ad altre regole».
Gli chiedi se i fascicoli sono un capitolo chiuso e De Paolis si prende una frazione di secondo prima di rispondere. Ci va cauto, perché il discorso passa per il tribunale ma dentro ci finiscono vita e morte. Ti dice ha che fatto solo un discorso generale, che il naso dentro per bene ce lo sta mettendo adesso. Poi torna alla Costituzione, al punto in cui «i tribunali militari hanno competenza solo su reati compiuti dalle forze armate. Quindi non parliamo né di partigiani né di repubblichini. Tanto più se hanno commesso reati non militari. Da quel poco che ho già visto non ho trovato argomenti di nostra competenza». E Padova allora? Perché il procuratore Sergio Dini li ha aperti quei tre fascicoli? «Non conosco gli atti a disposizione di Dini. Forse lì ci sono altri presupposti. Ma sono temi talmente delicati».
De Paolis rallenta, non è questione di pastoie burocratiche. È carne viva, anche dopo sessant'anni. E lo sa bene il procuratore che di crimini di guerra si occupa da tempo. «Ne ho incontrate persone che mi hanno raccontato fatti agghiaccianti. Uomini e donne che piangevano. Anch'io ho pianto e non mi vergogno a dirlo. Bisogna andarci cauti, non puoi alimentare le aspettative di chi ha già sofferto tanto». Non puoi. Puoi solo cercare di capire se c'è un'ipotesi di lavoro. Quella che forse lasciava intuire il decreto luogo tenenziale firmato da Umberto II di Savoia il 12 aprile del 45. Quello pubblicato da Pirina e colto al volo da Dini. E qui De Paolis ti ferma: «Forse Pirina ignora i successivi decreti d'indulto, nel '53, e di amnistia, nel'66, che hanno riguardato le formazioni armate, ossia partigiani e repubblichini. La forte volontà sottesa a questi atti era di arrivare ad una pacificazione definitiva». Il procuratore insiste sul fatto che alle due parti amnistiate «non si vede riconosciuto lo status di militari, ma di gruppi armati. E su di loro è competente la giustizia ordinaria».
De Paolis è uno preciso. Ha svolto e sta svolgendo indagini sui crimini di guerra commessi dai tedeschi in Italia. È lui che ha sostenuto l'accusa nel processo di S.Anna di Stazzema, («due anni di inchieste e uno di dibattimento»), di Marzabotto e Civitella. Mica le lascia passare così certe storie. Sul tavolo ha i fascicoli di Pirina, gli chiedi ancora una volta cosa intenda farne e De Paolis con la pazienza di chi è abituato a scavare te lo ripete: «Sto facendo le iscrizioni degli atti, ossia che cosa è avvenuto, dove e chi si sospetta abbia commesso il reato e si ritiene debba essere iscritto nel registro degli indagati. Dopo passerò il tutto alla procure ordinarie di Liguria ed Emilia, spiegando che il tribunale militare non è competente e dovranno procedere loro se lo riterranno opportuno». De Paolis fa una prima valutazione del reato. Ma c'è un dettaglio significativo: «Se aggiungo efferato alla parola delitto evito la prescrizione in cui inevitabilmente crederebbero visti gli anni trascorsi».
Diciamo che De Paolis lascia aperta anche l'ultima porta. Diciamo che la faccenda è più delicata di quanto si possa supporre. Pirina intanto chiede d'essere sentito dal procuratore.
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