Roma

«Denunceremo chi tra di noi viola la legge»

LE INTERCETTAZIONI Incastrati dalla leggerezza con cui parlavano al telefono: «Fuggiamo prima a Padova poi più in su»

«Denunceremo chi tra di noi viola la legge»

Conducevano una vita al di sopra di ogni sospetto i sei romeni fermati per la violenza di Guidonia. Di giorno tiravano a campare come potevano, arrangiandosi con lavori saltuari. Chi da manovale, chi da benzinaio. Due di loro, quelli che erano in Italia da più tempo, avevano anche una compagna e una casa dignitosa. Di notte si trasformavano in una banda di rapinatori che aveva messo a segno almeno altri due colpi, oltre a quello che, nella notte tra giovedì e venerdì, gli ha fatto fare il salto di qualità, trasformandoli in feroci stupratori. Agivano sempre in gruppo, a volto coperto e armati. E proprio il loro modus operandi - assieme ad un’infinità di indizi lasciati ovunque: impronte sul terreno, tracce ematiche e biologiche, subito individuate e analizzate nei laboratori del Ris - ha aiutato gli inquirenti ad arrivare a loro in tempi brevi. Fondamentali, nell’indagine dei carabinieri, le intercettazioni telefoniche. Ha fatto la sua parte anche l’ingenuità dei componenti della banda, che hanno acceso il telefonino della vittima per fare una breve chiamata in Romania pensando che fosse sufficiente cambiargli la sim card per non essere rintracciati. Non hanno adottato nessuna cautela nel parlare al telefono, consentendo agli investigatori di bloccare i primi due romeni proprio mentre stavano fuggendo in macchina, all’imbocco dell’autostrada, diretti al nord. «Dobbiamo scappare», dicevano, «meglio di notte, ci sono posti di blocco ovunque». «Nasconditi, non farti vedere alla finestra...e poi via, via, fuggiamo prima Padova poi più su». È una delle ultime conversazioni, lunedì notte, poco prima della cattura, tra due degli arrestati e i due fiancheggiatori. La Procura di Tivoli ha chiesto al gip la convalida dei fermi e l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Tra oggi e domani gli interrogatori di garanzia nel carcere di Rebibbia, in attesa che dalla Romania arrivino le risposte chieste dagli inquirenti su eventuali precedenti penali degli arrestati (in Italia non ne hanno, ndr).
Ampio spazio all’arresto dei sei balordi e alla violenta reazione degli abitanti di Guidonia davanti alla caserma dei carabinieri al passaggio dei fermati, è stato dato dalla stampa romena. «Gli stupratori romeni vicino al linciggio», titolava ieri il quotidiano Cotidianul. Un altro giornale, Evenimentul zileí, citava il ministro Calderoli, che ha proposto la castrazione chimica dei violentatori, ma anche il più moderato commento del sindaco Alemanno, che invita a «non criminalizzare tutti gli immigrati romeni». Lo stesso invito arriva dal parroco della comunità ortodossa romena di Tivoli, padre Florea Ion: «Questi fatti - dice - non siano motivo di discriminazione verso una comunità integrata e lavoratrice». Una comunità che nel Lazio conta circa 200mila persone e che incide, più di altre comunità straniere, sulle percentuali di reati come gli omicidi volontari, le violenze sessuali e i furti. C’è poi una moltitudine silenziosa di romeni integrati nel nostro paese che si sente danneggiata dai connazionali che delinquono. Martedì sera 17 associazioni romene si sono riunite presso il V dipartimento per le Politiche sociali, alla presenza di Ramona Badescu, consigliere del sindaco, per esprimere il loro «sdgeno e la condanna più viva nei confronti degli arrestati» e per impegnarsi a «vigilare nei confronti di quei connazionali che adottano comportamenti riprovevoli e pericolosi».

«Andremo nelle periferie - dice la Badescu - e diremo ai nostri connazionali che devono rispettare la legge italiana e se qualcuno vorrà starne fuori dovrà tornarsene in Romania».

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