Angelo Di Gennaro è un detenuto modello, di quelli che fanno pensare che il carcere non serve solo a punire e a segregare ma anche a far prendere coscienza dellerrore. Ce ne fossero, di detenuti così. Forse piano piano le galere si trasformerebbero in luoghi di meditazione sul crimine e sulla società, una proficua attesa prima di spiccare di nuovo il volo. Be, non corriamo troppo con la fantasia: per adesso le galere sono cemento e ferro, orologi fermi e isolamento, e spesso se ne esce più arrabbiati di prima. Un cattivo investimento, insomma.
Ma torniamo al nostro caro Angelo: ha già usufruito, nei mesi passati, di ben sette permessi. È sempre rientrato allovile (cioè alla casa circondariale di Castrogno di Teramo). Mai un problema, mai nulla che contrastasse con lordinamento penitenziario. Ecco che un bel giorno si presenta lopportunità di essere ricevuto dal Papa: una grande occasione, per Angelo. Ma in che senso? Cosa aveva in testa quando è stato scelto per partecipare alludienza in Vaticano? Mercoledì scorso arriva il gran giorno. Angelo parte insieme ad altri tre detenuti dello stesso carcere e a diciassette di altri istituti di pena. Venti in tutto. Il bus arriva a Roma ed entra in Vaticano. Cosa sta pensando Angelo mentre percorre i corridoi che lo portano dal Papa? Nessun carcere è ancora riuscito a rinchiudere o a controllare il pensiero. Di certo Angelo sa che in quegli stessi corridoi sono passati presidenti di tutto il mondo, alte personalità di altre religioni, politici, professori, scienziati. Oggi invece Benedetto XVI riceve dei detenuti, parla con loro come un padre. Anche Gesù si prendeva cura degli «ultimi», e imitarne lesempio è doveroso.
Il tempo scade, e i venti detenuti salutano il Papa con un inchino. Ecco, il momento cruciale arriva adesso: dopo ludienza. I detenuti escono dal Vaticano, e Angelo... sparisce. Non si presenta al bus del ritorno. Secondo la procedura, dopo dodici ore dal mancato rientro, il detenuto modello Angelo Di Gennaro si trasforma in un evaso ricercato dalla polizia. Lipotesi più istintiva è quella classica: ha sempre pensato di evadere e ha avuto la pazienza di aspettare il momento giusto. Ma luomo è sempre più complesso di quello che si vorrebbe, e mi vengono in mente altre possibilità. Ad esempio posso immaginarlo meditabondo mentre cammina per le strade di Roma, tormentato dalla eterna questione che ha occupato gli studi e le riflessioni dei filosofi occidentali per secoli e secoli: seguire la via dello spirito o quella del corpo? Spirito libero chiuso in carcere o corpo libero nel mondo? Oppure voleva sì fuggire, ma solo e unicamente dopo la benedizione del Papa. Unipotesi che avrebbe un suo fascino.
Marco Vichi
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