Dialogo? Il Pd litiga pure sugli aggettivi

La maggioranza punta a una legge bipartisan sulle intercettazioni, autorizzandole in caso di «evidenti indizi di colpevolezza» La sinistra si oppone alla parola «evidenti», che è ininfluente. Se questo è lo spirito di Bersani & Co.,il confronto è tempo perso

Se si vuole avere un’idea dell’impossibilità, in Italia, di raggiungere un qualsiasi accordo tra maggioranza e opposizione, basta guardare in quale palude di manzoniani azzeccagarbugli si è infognata la legge sulle intercettazioni, concepita non per impedire le indagini ma per tutelare il privato di qualsiasi cittadino. Questo per varare una legge bipartisan, ossia la stessa legge che voleva fare la sinistra quando gli intercettati erano Prodi, Mastella o D’Alema. D’altra parte la «società di controllo» non è sempre stata l’incubo dei pensatori impegnati, proiettando sul garantismo delle democrazie capitaliste gli Stati totalitari che la sinistra ha sempre prodotto o da cui è stata finanziata?
Comunque sia, tornando al pantano linguistico, la formula iniziale della riforma, in teoria assolutamente pacifica, era che un magistrato potesse intercettare un cittadino «in presenza di evidenti indizi di colpevolezza». Mi sembrava ragionevolissima e semplicissima. Esemplificazione: se ho il sospetto che tu abbia rubato una mela perché quando è sparita eri lì davanti al fruttivendolo ti intercetto, se eri al cinema no. Traduzione, se ce ne fosse bisogno: devo avere almeno un «indizio» che tu possa aver commesso un reato (esserne colpevole) per metterti sotto controllo. Ossia, devo avere almeno un fatto, anche minimo, che mi consenta di formare un’ipotesi di colpevolezza. Il Pd protesta: non va bene «evidenti», perché se fossero già «evidenti» gli indizi sarebbero prove (non è vero, sarebbero «evidenti indizi», e un indizio evidente resta un indizio, altrimenti sarebbe una prova).
Il ministro Alfano, volenteroso all’apertura, cosa fa? Acconsente a togliere l’aggettivo «evidenti», tanto anche nella vita comune se dici a uno che è scemo o un evidente scemo poco cambia, anzi, il rafforzativo sottrae anziché togliere (come in amore, «ti amo tanto» è meno di «ti amo» perché introduce una graduatoria nell’assolutezza, sebbene nella vita si continui ad amarsi tanto credendo di amarsi di più di chi si ama e basta). Quindi il testo, epurato dall’evidenza per compiacere l’evidente pignoleria degli oppositori lessicali, resta «in presenza di indizi di colpevolezza». La sostanza rimane quella suddetta: per intercettarti devo avere un «indizio» di colpevolezza, cioè non la prova ma l’indizio, che può essere fallace e deve essere verificato per diventare una prova, e in ogni caso posso già intercettarti.
Va bene? No. Non è d’accordo il Pd, non è d’accordo Di Pietro, non è d’accordo Mancino, non è più d’accordo nessuno nel pieno dell’evidenza del disaccordo. Infatti, non appena il ministro ha eliminato «evidenti» (quindi presupponendo un indizio anche non evidente, ma che per essere tale dovrà pur avere una sua evidenza), i tetrapiloctomisti dell’arte di spaccare un capello in quattro per romperti le scatole in otto si sono accorti che il problema non era l’aggettivo ma il sostantivo, sicché ora sotto accusa è la «colpevolezza». Spiega Mancino: «Se già si conosce o c’è la prova di chi sia colpevole, come prescrive la riforma indipendentemente dall’aggettivo che si vuole anteporre al sostantivo, l’intercettazione diventa inutile». E dove direbbe il testo della riforma che si sa già chi è colpevole, se si parla di «indizi»? Se fosse come sostiene Mancino sarebbe «in presenza di prove di colpevolezza», ma tra un indizio e una prova c’è un abisso, poiché l’indizio non è una prova. Tuttavia se ne deduce che la «mano tesa» di Alfano sia finta, uno sporco trucco, un doppiogioco, un doppiofondo, meno male volevano collaborare, con Bersani che invoca continuamente «un tavolo», neppure fossimo al ristorante.
Oltretutto la parola «colpevolezza» ha sostituito l’originario «reato», quindi, si considera con rammarico, «l’attuale versione impedirebbe di intercettare qualcuno in presenza di un reato se non dopo aver già raccolto elementi che lo indichino come colpevole».

A parte il fatto che chi commette un reato ne sarà evidentemente colpevole (o si può commettere un reato senza esserne colpevoli? O intercettiamo il reato in astratto? Nell’esempio della mela, intercettiamo l’assenza della mela?), il punto è ancora che si sta parlando di indizi di reato o indizi di colpevolezza e non di reato né di colpevolezza, e allora che riforma vorrebbe la sinistra? Quella di Di Pietro, ossia che il magistrato può intercettare chiunque quando gli pare senza indizi né prove né niente, violando sistematicamente il segreto istruttorio, ossia quella che c’è già, tranne quando tocca a chi tocca?
Tutto questo casino per un aggettivo e un sostantivo, e pensiamo di arrivare alla separazione delle carriere? La prossima volta che Bersani dice di volere un tavolo mandategliene uno da ping-pong.

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