Diciamo no al patto con Dracula

Alla conclusione delle attività parlamentari membri autorevoli dell’opposizione (Casini e Fini) hanno sostenuto che la maggioranza è in difficoltà e che forse sarebbe il caso di andarle incontro. In aiuto. Ci chiediamo perché. Quando c’è stata qualche questione di politica internazionale, ad esempio l’Afghanistan dove più che la maggioranza era in gioco il prestigio del Paese, in molti si sono dichiarati favorevoli a far sì che fossero evitate brutte figure sullo scenario internazionale. In parte questa cosa si è ripetuta quando si è dovuto votare l’indulto: si è detto che era questione di coscienza, in molti si sono rifatti all’appello di Giovanni Paolo II. Alla fine in molti hanno votato.
Ma ci chiediamo: sulla manovra Visco-Bersani come la mettiamo? Perché anche su questa la maggioranza è andata in affanno. Lasciamo perdere per un attimo Bersani, del quale del resto abbiamo discusso molto. Ma su Visco come fa l’opposizione a dare una mano? Come si fa a dare una mano ad un governo e ad un viceministro che propongono cose diametralmente opposte a quelle per le quali si sono presi i voti degli italiani? Lo ricorderanno tutti: la rimonta finale da parte del centrodestra fu fatta proprio sul tema delle tasse, sulla politica fiscale e sulla politica economica.
Ha fatto bene Silvio Berlusconi a ricordare, durante il suo intervento alla Camera, una impostazione ideale alternativa e opposta a quella di Visco che era quella del cattolico Vanoni. In questa visione il contribuente non era indicato come un potenziale reo ma come un reale «partner dello Stato». Questo tipo di impostazione è quello di un fisco non nemico che incoraggia, anzi, il cittadino a rischiare in proprio mettendo su attività imprenditoriali o di altro tipo che alla fine giovano all’economia e al reddito di tutti.
Come si fa su temi di questo tipo a dare una mano alla maggioranza? Certo, si possono fare, come ha detto Fini, degli emendamenti selezionati. Ma un emendamento alla manovra Visco come è possibile? Dovrebbe, questo potenziale emendamento, racchiudere una proposta agli antipodi con quella del viceministro all’Economia.
In altre parole vorremmo dire che ci sono dei temi difficilmente negoziabili perché come è noto ai leader della Casa delle libertà su questi temi vengono disegnati progetti di società diverse tra di loro. È emerso con chiarezza nella recente campagna elettorale e sta emergendo con ulteriore chiarezza durante i primi mesi del governo Prodi. C’è una metà di italiani che non è d’accordo con questa visione e i leader della Casa delle libertà rappresentano questa metà.
Altra cosa, come abbiamo detto prima, è dare una mano, con il proprio voto, all’Italia che deve presentarsi sulla scena del mondo. Questo non c’entra nulla con l’allargamento della maggioranza; c’entra con un’altra cosa che si chiama responsabilità. Dopodiché se tutta questa questione nasconde ancora una volta una discussione sulla leadership di Berlusconi allora è un altro paio di maniche. Chi non ricorda che fu detto in campagna elettorale «chi prende un voto in più sarà il leader della Casa delle libertà»? I politici esperti diranno: questo discorso non conta perché il quadro è cambiato. A noi il quadro sembra lo stesso. Non va bene la leadership di Berlusconi? Si proponga con chiarezza qualcun altro e vada fino in fondo. Sarebbe brutto dover constatare che per fare questo si fa l’occhiolino alla maggioranza perché rafforzando questa si indebolisce l’ex presidente del Consiglio. Sarebbe un po’ squallido.

Quello che c’è da fare è un’opposizione seria, documentata, puntuale a Roma e un governo altrettanto serio laddove la Casa delle libertà ha vinto ai vari livelli amministrativi. Questo è da fare anche se, ce ne rendiamo conto, può essere per alcuni un po’ noioso.

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